Nota biografica
Vittorio Angius nacque a Cagliari il 18 giugno 1797. Del periodo della sua formazione sappiamo solo che nel 1812, all’età di 15 anni, vestì l’abito dell’Ordine di San Giuseppe Calasanzio. Le notizie sulla sua vita partono dal 1826, anno in cui inizia una fitta corrispondenza tra lui e i fratelli Ludovico e Faustino Baille, che durerà fino al 1834. Da questo epistolario sappiamo che nel 1826, giovane sacerdote, l’Angius si trovava a Sassari, docente nel Ginnasio delle Scuole Pie e iscritto alla Facoltà di Teologia per il conseguimento della laurea in Dommatica. Già prefetto delle Scuole Pie di Sassari, nel 1829 lo troviamo ascritto al Collegio di Belle Arti e Filosofia nell’Ateneo turritano e docente di Retorica; nel maggio dello stesso anno iniziò i suoi viaggi nell’isola, che diverranno frequenti a partire dal 1832, per conoscere e studiare le testimonianze archeologiche, storiche e demografiche. Già noto nell’ambiente letterario per le sue doti di oratore e di verseggiatore, nel 1827 fu incaricato dall’Università di Sassari di tenere la prolusione per l’anno accademico 1827-28 con l’elogio in latino in onore di Domenico Alberto Azuni; fino al 1835 in qualità di professore di Retorica, pronuncerà altre quattro prolusioni accademiche in latino in onore di tre illustri sassaresi, Giorgio Sotgia, Francesco Angelo Vico e Gian Francesco Fara, e della giudicessa Eleonora d’Arborea. Nel 1831 iniziarono i gravi contrasti con i superiori dell’Ordine: come prefetto delle scuole scolopiche di Sassari, chiedeva l’abbandono dell’uso delle punizioni corporali nei confronti degli allievi (lo strumento di punizione in uso era la famigerata palmetta) e l’introduzione di pratiche educative rispettose della personalità dell’allievo; promuoveva metodi più innovativi e moderni che, abbandonando l’apprendimento di carattere meramente mnemonico, facessero spazio a contenuti di carattere scientifico e pratico. Nel 1834 per decreto regio fu nominato prefetto delle Scuole Pie di San Giuseppe a Cagliari, dove si trasferirà nel 1835. Aggravatisi i contrasti con il padre Basilio Dettori, provinciale dell’Ordine, nel 1837 fu sollevato dall’incarico di dirigenza scolastica e nell’aprile di quell’anno fu nominato, in sostituzione del linguista Vincenzo Porru, da poco deceduto, vice-bibliotecario della Biblioteca Universitaria di Cagliari, diretta dal suo antico estimatore Ludovico Baille. Per interessamento dello stesso Baille nel 1832 l’Angius aveva ricevuto dall’editore Marzorati di Torino, l’incarico di collaboratore ed estensore delle voci relative alla Sardegna del Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, curato da Goffredo Casalis. Questa collaborazione si protrarrà fino alla conclusione della monumentale opera nel 1856; nel 1859, ad opera ormai conclusa, egli farà stampare a sue spese un volume integrativo della voce Sardegna. Nel complesso, l’apporto dell’Angius al Dizionario fu fondamentale in quanto scrisse pressoché tutte le voci sulla Sardegna, circa un terzo dell’intera opera. Nel 1838-39, riprendendo idealmente un progetto di Domenico Alberto Azuni, diede vita alla rivista mensile Biblioteca sarda, di argomento storico scientifico e letterario, che può a giusto titolo essere considerata la prima rivista scientifico-letteraria pubblicata in Sardegna. Questa passione per il giornalismo poté coltivarla anche, dopo il suo trasferimento a Torino, nel 1841-44, prima come collaboratore del settimanale Il Dagherrotipo, fondato da Angelo Brofferio, e poi come direttore del periodico Il Liceo. La sua partenza per Torino avvenne alla fine dell’estate 1840. Quello che in principio doveva essere un anno sabbatico richiesto per motivi di studio e per poter meglio seguire la pubblicazione delle voci del Dizionario del Casalis, divenne poi un trasferimento definitivo. A conclusione del permesso annuale, non essendo rientrato nell’isola, dovette rinunciare al posto di vice-bibliotecario della Biblioteca Universitaria di Cagliari. L’Angius si venne così a trovare in serio disagio economico in quanto poteva fare affidamento solo su un assegno di 450 lire che il governo gli corrispondeva per la sua collaborazione al Dizionario dei regi Stati; dovette quindi intensificare la sua attività di giornalista e la partecipazione a nuove imprese editoriali, tra cui quella ad una storia della nobiltà subalpina, che gli procuravano qualche ulteriore mezzo di sussistenza. Nell’ambiente letterario torinese, Angius, per il suo carattere scontroso e sospettoso, si procurò numerose inimicizie; particolarmente accesa fu quella con l’esule patriota e poeta trentino Giovanni Prati, che gli indirizzò alcuni sonetti molto salaci e offensivi. La decisione di stabilirsi definitivamente a Torino, dove egli trovò un ambiente più consono ai suoi interessi di studioso e un rapporto gratificante e assiduo con lo storico e magistrato algherese Giuseppe Manno, fu anche dettata dall’esigenza di stare lontano dall’ambiente dei confratelli scolopi sardi che l’avevano fortemente contrastato. A liberarlo dal legame dei voti religiosi con l’ordine di San Giuseppe Calasanzio, dopo un lungo periodo di sofferenza interiore, nel 1844 intervenne il decreto pontificio che lo restituiva al sacerdozio secolare. Come semplice sacerdote, senza un particolare incarico di cura d’anime, egli visse fino alla morte a Torino, dove officiava nella chiesa di San Francesco di Paola. Contrariamente a quanto è stato scritto da quanti ne hanno studiato l’opera, l’Angius non ricoprì mai né a Cagliari né a Torino un seggio canonicale. Visse appartato la fase calda del dibattito e della richiesta di “fusione perfetta” della Sardegna con gli Stati di Terraferma nel 1847. Dopo la concessione dello Statuto e l’istituzione del Parlamento subalpino, fu eletto deputato nella prima legislatura in rappresentanza del Collegio di Lanusei nelle elezioni suppletive dell’ottobre 1848. Durante questo primo breve mandato parlamentare l’Angius si segnalò per la presentazione di due progetti di legge, uno assai coraggioso di richiesta di abolizione delle decime ecclesiastiche, l’altro sul miglioramento della razza cavallina in Sardegna. Risultato non eletto nelle competizioni elettorali della seconda e della terza legislatura, l’Angius rientrò in Parlamento nella quarta legislatura come deputato del 1° Collegio di Cuglieri. In questo secondo mandato parlamentare, che si protrasse dall’aprile 1850 al novembre 1853, l’Angius fu molto assiduo alle sedute e tra i deputati sardi fu forse il più prolifico nella presentazione di disegni di legge sulla Sardegna e negli interventi in aula. A causa di uno stile oratorio fratesco, molto monotono e di una minuziosità eccessiva, fu spesso fatto oggetto di sarcasmo da parte dei parlamentari e degli organi di stampa dell’epoca, che ne diedero talvolta un ritratto caricaturale. Ecco, ad esempio, il malevolo ritratto fisico che ne dà il giornale di Urbano Rattazzi Espero: «Piuttosto alto, piuttosto grosso, testa piallata, capelli piatti, la faccia d’un beato, ma nera, le labbra grosse e viscose, l’aspetto totale d’un sagrestano che mangi gli avanzi della tavola episcopale».