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Valledoria
e musicali. San Giuseppe, padre putativo di Gesù, è fra i santi più venerati e popolari in Italia e nel mondo. Il suo antichissimo culto si diffuse in Occidente nel IX secolo ed entrò nella liturgia a partire dal XV secolo. Papa Gregorio XV, nel 1621, istituì la festa del precetto di San Giuseppe il 19 marzo. Nel 1955, infine, Pio XII stabilì che in concomitanza con la festa laica del lavoro, il 1 maggio si celebrasse anche la solennità di San Giuseppe lavoratore. È protettore dei falegnami, degli artigiani e dei padri di famiglia.
Castelsardo. Restaurata negli anni 70, presenta una facciata in granito a vista, con archetto sopra il portale e un campaniletto sull’ingresso principale. Nei pressi è ancora visibile un grosso muro, che potrebbe appartenere alla cattedrale o ad un muro di cinta della città antica. Numerosi reperti ritrovati attorno alla chiesa e nella scarpata retrostante che da sul Coghinas, avvalorano l’ipotesi che in zona vi fosse un ricco porto commerciale fin dal periodo della Roma imperiale. Al suo interno, fino ad alcuni anni fa, era custodita la statua lignea di S. Pietro Apostolo (XVII secolo). Tale statua, ora restaurata, è custodita nella chiesa di Valledoria. Fino agli anni ’20 questa è stata l’unica chiesa dove gli abitanti di Codaruina assistevano alle cerimonie e ricevevano i sacramenti. 
Storia di Valledoria Ubicata nel Golfo dell'Asinara, Valledoria nasce nel 1961 dall'unione di alcune frazioni di Castelsardo e Sedini, su quello che era il sito dell'antica città romana di Codes. Il toponimo significa Valle dei Doria, la nobile famiglia ligure che verso il XIII secolo edificò, per difendere i suoi possedimenti, il castello che ancora oggi troneggia sulla vallata attraversata dal fiume Coghinas. Dal secolo XI fino al 1272, l'area di Valledoria fece parte del giudicato di Torres della curatoria di Anglona. Passato alla famiglia genovese dei Doria, nella seconda metà del Duecento, dopo la conquista aragonese la valle del Coghinas fu colpita da epidemie catastrofiche (secolo XV) che portarono allo spopolamento di queste terre. Solo nel 1434 gli Aragonesi riuscirono a strappare ai Doria la baronia di Coghinas, che comprendeva i villaggi spopolati di Casteldoria, Coghinas, Monte Furcadu, Viddalba e l'Isola Rossa. La baronia venne quindi acquistata all'asta nel 1443 da Angelo Cano, cognato del Centelles. Dopo la sua morte il Coghinas venne riacquistato nel 1447 dallo stesso Centelles. Da allora fino al 1843 le vicende del territorio di Valledoria furono legate alla signoria di Oliva. In quel periodo l'amministrazione della baronia era affidata a un podestà residente a Sedini. Verso la metà dell'Ottocento si ebbe la ripresa demografica, come in tutta la bassa gallura, grazie all'afflusso di famiglie galluresi da Aggius e Tempio Pausania che occuparono le vaste pianure deserte e fertilissime, dando vita all'insediamento di Codaruina, oggi Valledoria centro. Codaruina, nel 1960, si rese Comune autonomo con il nome di Valledoria, includendo le frazioni di La Muddizza, La Ciaccia, San Pietro, Baia Verde e Maragnani, il cui territorio era compreso nei comuni di Sedini e Castelsardo. Negli anni Trenta di questo secolo la zona conobbe uno sviluppo grazie all'opera di bonifica idraulica e regolamentazione delle acque, culminata con la costruzione dell'invaso di Casteldoria. Nel 1983 si è staccata la frazione di Santa Maria Coghinas divenuta comune autonomo. Dopo tale distacco , Valledoria è andato sempre più identificandosi con Codaruina. Il significato di quest'ultimo, "terreno terminale della rovina", rimanda probabilmente alle rovine del centro costiero medioevale di Ampulia, sulla foce del Coghinas, prima sede della diocesi di Ampurias.
Territorio Valledoria si trova presso la foce del fiume Coghinas, importante polo naturalistico a livello europeo. Intorno al tratto terminale del corso del fiume vi sono 20 km circa di spiaggia che uniscono le scogliere di Castelsardo alle rocce dell'Isola Rossa. Dietro le dune di sabbia che comprendono il tratto di costa, nella piana di Valledoria si trovano ampie paludi, luogo ideale per numerose specie di uccelli. Le acque del Coghinas prima di immettersi in mare attraversano una depressione formando un ristagno di oltre 50 ettari, luogo frequentato da anatidi, morelle, germani reali, mestoloni, alzavole, canapiglie, fischioni, aironi cinerini e gabbiani. Si trovano inoltre, tra i canneti, diverse specie di uccelli come il tuffetto, il porciglione, la folaga, la gallinella d'acqua. Anche la fauna acquatica è molto ricca e varia, nell'acqua salmastra della foce si possono trovare una grande varietà di pesci tra i quali spigole e cefali.
