L’ETÀ PREISTORICA da 100.000 anni fa al 1800 avanti Cristo.
La storia della presenza umana in Sardegna comincia nel paleolitico inferiore, come testimonia il rinvenimento di oggetti in pietra databili a 450.000 - 100.000 anni fa. Gli oggetti, in selce e quarzite, vennero rinvenuti nella parte settentrionale dell’isola, nella regione dell’Anglona, e sono inquadrabili, dal punto di vista tipologico, nelle industrie litiche classificate coi nomi di clactoniano e tayaciano. A produrre questo genere di manufatti dovrebbero essere stati individui appartenenti alla specie Homo erectus, una delle specie che compone il genere Homo a cui anche noi, uomini moderni, apparteniamo. Merita di essere segnalato il recente rinvenimento, avvenuto in una grotta del Logudoro, di una falange completa del pollice di un essere umano. La datazione proposta per questo importante reperto osseo è di 250.000/300.000 anni a.C. Per quanto riguarda il paleolitico medio dobbiamo constatare che, allo stato attuale degli studi, non abbiamo tracce della presenza umana in Sardegna. Tale assenza potrebbe però essere spiegata come un riflesso di una lacuna nelle nostre conoscenze e non come l’effettivo stato delle cose. Relativi al paleolitico superiore sono i rinvenimenti avvenuti nel corso di scavi scientifici nella
Grotta Corbeddu di Oliena. Si tratta di ossa di animali e dei frammenti di una mandibola e di altre ossa umane. Gli animali erano endemici della regione sardo-corsa: il Megaceros cazioti, un cervide ormai estinto, i cui resti ossei recano tracce di lavorazione dell’uomo, e il Prolagus sardus, un roditore anch’esso estinto. La datazione di questi reperti oscilla tra i 20.000 e i 6.000 anni a.C.. Il neolitico antico (6000-4000 a.C.) segna una svolta importante nella storia dell’isola. L’invenzione della ceramica consente la produzione di recipienti di varie dimensioni destinati a varie funzioni; il passaggio da un sistema di sussistenza basato su caccia e raccolta a quello incentrato su agricoltura e addomesticamento e allevamento degli animali produce radicali mutamenti nell’approvvigionamento delle risorse alimentari, con progressivo aumento demografico e profonde conseguenze sul piano sociale ed economico. Il periodo è caratterizzato da una produzione ceramica denominata cardiale, dal nome della conchiglia (Cardium) utilizzata per imprimere la decorazione sulla superficie dei manufatti. Grotte e ripari sotto roccia sono abitazioni tipiche di questa fase. Tra i siti che hanno restituito ceramiche cardiali ricordiamo le grotte di Su Carroppu (Carbonia) e Filiestru (Mara).
Nel neolitico antico si sviluppa anche lo sfruttamento sistematico dell’ossidiana proveniente dal Monte Arci, nell’Oristanese. Si tratta di una preziosa risorsa per la produzione di manufatti litici, che verrà ampiamente impiegata in Sardegna. Ossidiana proveniente da Monte Arci è stata rinvenuta anche in località extrainsulari. Tali ritrovamenti sono stati spesso interpretati come segnale di un vero e proprio commercio ad ampio raggio dell’ossidiana sarda. Nel neolitico medio (4000-3400 a. C.) assistiamo alla nascita della cultura di Bonuighinu. Il nome utilizzato per designare questa cultura è stato tratto dal sito in cui ne vennero rinvenute le prime attestazioni archeologiche: si tratta della grotta di Bonuighinu (conosciuta anche col nome di Sa Ucca de Su Tintirriolu) in territorio di Mara, nel Sassarese.
Le produzioni ceramiche ascrivibili a questa nuova fase culturale della storia sarda sono caratterizzate dalle superfici lucide, di color nerobruno, spesso decorate a incisione o a impressione. Caratteristiche anche le tombe a grotticella e i corredi funerari che accompagnavano il defunto nell’aldilà. Si segnala in proposito la necropoli di Cuccuru is Arrius, nel territorio di Cabras, dove vennero rinvenute numerose statuette di ‘dea madre’ steatopige, con forme femminili molto accentuate. Nel neolitico recente (3400-3200 a.C.) la situazione archeologica si fa sempre più complessa e articolata. Ciò ha spinto gli studiosi a raggruppare in facies i reperti tra loro affini pur senza raggiungere la coerenza e la complessità che caratterizzano le ‘culture’ vere e proprie. Una di queste facies è nota con il nome di San Ciriaco da una località in territorio di Terralba, nell’Oristanese. La produzione ceramica si caratterizza per il tipico profilo dei vasi. Anche la famosa coppa in steatite verde rinvenuta nella necropoli di tombe a circolo megalitico di Li Muri presso Arzachena, in principio ritenuta pertinente alla cultura di Ozieri, viene oggi riferita alla facies San Ciriaco per la forte somiglianza con le sue produzioni ceramiche.
È in questa fase che vengono scavate le prime domus de janas o ‘case delle fate’, le tipiche tombe a grotticella artificiale, oltre alle già ricordate tombe a circolo megalitico accompagnate dalla presenza di piccoli menhir. Nel neolitico finale (3200-2800 a.C.) si manifesta una delle culture più importanti della storia sarda, la cultura di Ozieri, nome tratto dalla grotta di San Michele presso l’attuale abitato di Ozieri. Le produzioni ceramiche si fanno particolarmente ricche dal punto di vista decorativo. Compaiono motivi a cerchi, a spirali, a festoni, a stella e figure umane, tutti schemi decorativi che trovano significativi confronti extrainsulari, a testimonianza di un’apertura della Sardegna all’acquisizione di apporti culturali che sembrano provenire dall’area cicladico-cretese. Oltre alla tradizionale lavorazione della selce e dell’ossidiana, abbiamo le prime attestazioni dell’estrazione e della lavorazione di metalli, in particolare del rame, come testimoniano lame di pugnali e monili rinvenuti nei corredi funerari. Anche le tombe si diversificano: domus de janas, dolmen, allées couvertes, circoli megalitici, a cui spesso si accompagnano i menhir. Alcune tombe vennero realizzate imitando la forma delle strutture abitative, in particolare capanne rettangolari con copertura a doppio spiovente sorretta da una solida trabeazione lignea. Da segnalare infine l’evolversi della modalità di rappresentazione della ‘dea madre’, che passa dalle forme naturalistiche steatopige, tipiche dello stile Bonuighinu, ad uno schema fortemente stilizzato, ‘a croce’ e ‘a traforo’. L’acquisizione della capacità di estrarre e lavorare i metalli (il rame innanzi tutto, ma anche il piombo e l’argento) è l’evento che segna il passaggio dal neolitico all’eneolitico iniziale (2800-2600 a.C.), cui vanno ascritte le due facies Sub-Ozieri, identificate per la prima volta nei siti di Su Coddu (Selargius) e di Filigosa, dal nome della necropoli a domus de janas precedute da un lungo corridoio, nel territorio di Macomer. Tra i siti che meritano una segnalazione spicca
il ‘tempio-altare’ di Monte d’Accoddi (Porto Torres), costituito da una piattaforma troncopiramidale su cui venne edificato un sacello con rampa d’accesso. La forma di questo monumento evoca le ziqqurat mesopotamiche. La cultura di Abealzu trae il proprio nome dall’omonima necropoli ubicata nel territorio di Osilo e segna l’eneolitico medio (2600-2400 a.C.). Tipici di questa cultura sono i vasi a fiasco decorati con forme mammellari, che trovano vari confronti con situazioni peninsulari e dell’area franco-svizzera. Di grande rilievo sono inoltre i menhir antropomorfi e le statue menhir, rinvenute nel Sarcidano-Mandrolisai. Le statue-menhir vengono spesso definite ‘armate’ per la presenza di un pugnale a doppia lama, interpretato come simbolo del potere, e di una figura nella parte alta della statua, denominata ‘capovolto’ e interpretata come simbolo funerario.
Con il passaggio all’eneolitico recente (2400-2100 a.C.) si assiste alla comparsa della cultura di Monte Claro, che trae il nome dal colle di Cagliari in cui vennero scoperte alcune tombe con le sue tipiche produzioni ceramiche. Si tratta di vasi di grandi dimensioni (le situle), tripodi, scodelle, ciotole, caratterizzati
dal colore delle superfici che varia dal rosso-nocciola al nocciola chiaro e al bruno-nerastro. Tipica inoltre la decorazione a costolature o scanalature verticali e orizzontali, nonché la decorazione ‘a stralucido’ che contraddistingue alcune forme. A chiudere l’eneolitico (2100-1800 a.C.) giunge l’importante cultura, presente in tutta Europa, detta del Vaso Campaniforme. Il nome deriva dal tipico bicchiere a campana rovesciata riccamente decorato. Interessante è inoltre la presenza del brassard, una particolare placca rettangolare utilizzata dagli arcieri per proteggere il polso dalla vibrazione della corda dell’arco dopo lo scoccare della freccia. Si ipotizza che i portatori della cultura del vaso campaniforme fossero metallurghi itineranti che si integravano nelle popolazioni locali.