L’ETÀ BIZANTINA E GIUDICALE
dal 534 al 1326
Nel IV e nel V secolo si registrano notizie relative ai primi vescovi sardi e ai primi martiri. La presenza cristiana si intensifica all’arrivo dei Vandali e prosegue nei quasi cinquecento anni di controllo bizantino, iniziato nel 534 con la conquista della Sardegna da parte delle truppe di Giustiniano guidate da Belisario. A seguito della dipendenza politica dall’Impero romano con sede a Costantinopoli, l’isola fu affidata a due autorità: il praeses, che svolgeva un ufficio di tipo civile, e un dux, che si occupava degli affari militari e che, a partire dall’800 circa, dovette assorbire le prerogative del primo, generando la figura dello iudex (‘giudice’). Dell’arte bizantina si conservano prevalentemente architetture. Le più significative sono S. Saturnino di Cagliari, il santuario di Sant’Antioco e S. Giovanni di Sinis (Cabras), tutte chiese a pianta cruciforme ma differenti per gli elementi di raccordo della cupola col vano sottostante: nelle prime due si utilizzarono le trombe e nella terza i pennacchi, sistemi mutuati dall’architettura costantinopolitana.
Modelli per una serie di edifici minori a pianta cruciforme, queste chiese subirono ristrutturazioni nei periodi successivi. Mentre rimane poco in campo pittorico, risultano importantissime le testimonianze scultoree, per lo più in frammenti ormai fuori dal contesto originario. Nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari si conserva un bellissimo capitello del 525 circa e da diverse località del Cagliaritano, soprattutto da Sant’Antioco, provengono numerosi frammenti marmorei di pilastrini o lastre di recinzione del presbiterio e diverse iscrizioni in lingua greca.
L’architettura romanica è il momento più rappresentativo dell’arte isolana nel medioevo e si espresse in un periodo storicamente rilevante, quello giudicale. I giudici erano i rappresentanti locali dell’imperatore bizantino che, attorno al 1000, si resero autonomi. Ne derivò una partizione del territorio nei quattro regni (giudicati) di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura.
Di pari passo si assistette alla riorganizzazione della Chiesa. Accanto a una massiccia presenza di ordini monastici chiamati dagli stessi giudici (le prime donazioni risalgono al 1065), le istituzioni della Chiesa si articolavano in diocesi rette da vescovi e arcivescovi. È in questo contesto che i giudici, attraverso donazioni, favorirono l’arrivo nell’isola dei Benedettini (da Montecassino, San Vittore di Marsiglia, Camaldoli, Vallombrosa, Cîteaux) che insediarono i propri monasteri nel territorio sardo. Si assistette a una rinascita della cultura sotto l’ala protettrice della Santa Sede. Da non trascurare anche la presenza sempre più stabile e radicata delle repubbliche di Pisa e Genova, la cui attività commerciale nell’isola portò a scontri ripetuti. La loro presenza interferì spesso anche a livello politico e arrivò a determinare la fine di tre giudicati (Cagliari, Torres e Gallura), che dopo il 1250 caddero in mano a signori pisani o genovesi.
Queste circostanze storiche contribuirono alla circolazione di nuove correnti artistiche nell’isola, che si innestarono nel sostrato locale e che hanno lasciato le tracce più significative nell’attività architettonica sia militare sia, soprattutto, ecclesiastica. Le chiese romaniche si dispongono prevalentemente lungo l’asse viario che da Cagliari conduce a Porto Torres, ma sono distribuite capillarmente su tutto il territorio. Ne deriva il diverso “colore” degli edifici a seconda della loro localizzazione. I costruttori, infatti, utilizzavano materiali reperibili nella zona geografica nella quale doveva sorgere il monumento, che così risultava armonicamente inserito nel paesaggio naturale e lo connota tutt’oggi: in Gallura troviamo edifici in granito, man mano che si scende verso il centro dell’isola prevale l’uso della pietra vulcanica, spesso associata a roccia sedimentaria; nei Campidani prevale il calcare dalle tonalità calde. Una distinzione in senso cronologico caratterizza le chiese giudicali. Si può individuare un romanico iniziale, collocabile tra il 1050 e il 1150 e caratterizzato dalla presenza di maestranze pisane, affiancate da quelle lucchesi (S. Giovanni di Viddalba) e da quelle catalane e provenzali giunte a seguito dei monaci del San Vittore di Marsiglia (S. Saturnino di Cagliari, S. Efisio di Nora presso Pula). In questo periodo si realizzano edifici di grandi dimensioni ed emerge la tendenza a privilegiare l’aspetto strutturale rispetto a quello decorativo. Gli edifici più significativi del periodo sono S. Gavino di Porto Torres, S. Maria del Regno di Ardara, S. Maria di Bonarcado e le cattedrali di Santa Giusta, S. Antioco di Bisarcio (Ozieri) e S. Simplicio di Olbia.