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Grazia Deledda
Grazia Deledda è la scrittrice sarda più conosciuta al mondo, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1926. Nasce a Nuoro il 27 settembre del 1871 da un'agiata famiglia. Provvede alla propria formazione culturale, dedicandosi alla lettura delle opere più disparate, dalla Bibbia ai romanzi di Enrico Costa, fino ai grandi autori stranieri del tempo. Tra alterne fortune finanziarie e drammatiche vicende familiari, nel 1892 la Deledda inizia la collaborazione con la "Rivista di tradizioni popolari italiane" diretta a Bologna da Francesco de Gubernatis.
I suoi primi racconti e novelle vengono segnalati su giornali e riviste, suscitando l'ammirazione del pubblico e di letterati di prima grandezza. Si sposa con Palmiro Madesani e si trasferisce a Roma. È questo il momento più felice e fecondo della sua produzione di romanzi: "Elias Portolu" (1903), "Cenere" (1904), "L'edera" (1906), "Chiaroscuro" (1912), "Colombi e sparvieri" (1912), "Canne al vento" (1913), "Marianna Sirca" (1915), "L'incendio nell'oliveto" (1918), e "La madre" (1920).
A coronare le fatiche della scrittrice giunge, nel 1926, il conferimento del Premio Nobel per la letteratura. Nei dieci anni che seguono, la Deledda continua a dedicarsi alla stesura di altri fortunati romanzi, racconti e novelle. Muore a Roma il 15 agosto del 1936. La sua opera è ritenuta importante per la capacità di descrivere, con efficacia narrativa e coerenza stilistica, vicende legate sia alla contemporaneità sia alle peculiarità della Sardegna, senza concessioni al verismo di maniera.
Biografia
"Grazia Maria Cosima Damiana Deledda è nata a Nuoro il 27 settembre 1871 in una famiglia agiata, "un po' paesana e un po' borghese". Il padre Giovanni Antonio curava i suoi possedimenti, si occupava di commercio e, per diletto, di poesia estemporanea. La madre Francesca Cambosu, donna di costumi severi, era dedita alla casa e alla cura dei sette figli. Frequenta la scuola fino alla quarta elementare, segnalandosi per le fantasiose composizioni in italiano; dopo le vengono impartite in privato lezioni di italiano, latino e francese. Hanno un'influenza determinante nella sua prima formazione la storia della famiglia, segnata da eventi dolorosi, la vita e la cultura della comunità agro-pastorale del borgo barbaricino e la sua esperienza di lettrice autodidatta, in qualche modo avventurosa, che andava scoprendo nuovi fantastici mondi attraverso i libri e le riviste. Nell'"Ultima Moda", rivista popolare romana di Edoardo Perino, diretta da Epaminonda Provaglio, pubblica nel 1888 Sangue sardo, suo primo racconto; seguono nello stesso anno Remigia Helder e il romanzo Memorie di Fernanda. A partire dal 1889 collabora a: "La Sardegna", "L'Avvenire di Sardegna", "Vita sarda" e altri periodici sardi. Nel 1890 pubblica la raccolta di novelle Nell'azzurro e, nell'"Avvenire di Sardegna" con lo pseudonimo di Ilia di Sant'Ismael, il romanzo Stella d'Oriente. Seguono: Amore regale (1891), Amori fatali (1892), Fior di Sardegna (1892). Queste prove d'esordio, accolte con favore da un pubblico femminile, ricalcano modelli della narrativa d'appendice. Nel 1892 ha inizio la collaborazione a "Natura ed Arte", rivista di Angelo De Gubernatis, che la coinvolge in un progetto demologico nazionale. Il materiale folklorico da lei raccolto è pubblicato nella "Rivista delle Tradizioni Popolari Italiane" e poi in volume (Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna, 1895). L'incontro con la cultura popolare è l'occasione per riflettere sulla realtà barbaricina e comprenderne la portata culturale nella sua specificità e le potenzialità narrative. Fra le molte disordinate letture figurano autori italiani (Manzoni, Tarchetti, Capuana, Fogazzaro, D'Annunzio e altri) e stranieri, francesi e russi, oltre a scrittori e poeti sardi. I primi risultati della ricerca di una misura narrativa propria si colgono nel romanzo "famigliare" Anime oneste (1895), pubblicato con una lettera-prefazione di Ruggero Bonghi, e soprattutto nel romanzo La via del male (1896), recensito con favore da un critico autorevole come Luigi Capuana. Nella produzione di questi anni si nota un'evoluzione costante sia nelle aperture tematiche, sia nelle tecniche narrative e nel linguaggio; parallelamente si va chiarificando la sua poetica attraverso l'individuazione di un'istanza etica radicata nella concezione della vita di un mondo patriarcale assunto come modello di riferimento nella costruzione del suo universo immaginario. Si collocano in questo percorso i romanzi Il tesoro (1897), La giustizia (1899), Il vecchio della montagna ("La Nuova Antologia", 1899; Roux e Viarengo, 1900), le novelle L'ospite (1897), Le tentazioni (1899) e le poesie Paesaggi sardi (1897). Con la traduzione in francese di Anime oneste (Ames honnetes, Lyon, A. Effantin, 1899) comincia la sua fortuna all'estero. L'11 gennaio del 1900 sposa a Nuoro Palmiro Madesani, impiegato dell'Intendenza di Finanza, che qualche mese dopo sarà trasferito a Roma. Nello stesso anno esce a puntate nella "Nuova Antologia" Elias Portolu (pubblicato in volume nel 1903), romanzo di originale impianto narrativo destinato a un successo internazionale grazie alla traduzione francese di Georges Herelle. A Roma conosce scrittori, artisti, critici, editori, segue i dibattiti letterari, le novità editoriali, gli avvenimenti teatrali, ma non ama i salotti mondani. Conduce una vita riservata tra la cura dei figli, Sardus e Franz, e il lavoro letterario, che procede con ritmo programmato. Un evento eccezionale è il viaggio a Parigi nel maggio 1910.
La vasta produzione narrativa dei primi decenni romani comprende i romanzi: Dopo il divorzio (1902), ripubblicato nel 1920 con il titolo Naufraghi in porto, Cenere (1903), da cui è tratta la versione cinematografica del 1916, per la regia di Febo Mari, con Eleonora Duse, Nostalgie (1905), L'ombra del passato (1907), L'edera (1908), Sino al confine (1910), Nel deserto (1911), Colombi e sparvieri (1912),Canne al vento (1913), Le colpe altrui (1914), Marianna Sirca (1915), L'incendio nell'oliveto (1918), La madre (1920), pubblicato in inglese nel 1928 con la prefazione di D. H. Lawrence, Il segreto dell'uomo solitario (1921), Il dio dei viventi (1922), La danza della collana (1924), La fuga in Egitto (1925). Notevole anche la produzione novellistica, complessivamente oltre quattrocento testi. Fra le raccolte più note: I giuochi della vita (1905), Chiaroscuro (1912), Il fanciullo nascosto (1915), Il ritorno del figlio, La bambina rubata (1919), Cattive compagnie (1921), Il flauto nel bosco (1923). Sono da ricordare, se pur marginali, le prove teatrali: Odio vince, bozzetto drammatico pubblicato in appendice all'edizione riveduta de Il vecchio della montagna (1912), L'edera (in collaborazione con C. Antona Traversi, 1912), La grazia (dramma pastorale in collaborazione con C. Guastalla, V. Michetti, 1921), A sinistra (bozzetto drammatico, nell'edizione Treves de La danza della collana, 1924). Il 10 dicembre 1927 l'Accademia svedese le conferisce il premio Nobel per l'anno 1926. Sull'onda del successo internazionale pubblica Annalena Bilsini (1927), ambientato nella pianura padana, a cui seguono: Il vecchio e i fanciulli (1928), Il paese del vento (1931), L'argine (1934), La chiesa della Solitudine (1936); e le raccolte di novelle: Il sigillo d'amore (1926), La casa del poeta (1930), La vigna sul mare (1932), Sole d'estate (1933).
Il 15 agosto del 1936 muore a Roma.
Ora riposa a Nuoro nella chiesa della Solitudine. Escono postume: la biografia romanzata Cosima ("La Nuova Antologia", 1936; in volume Treves, 1937) e la raccolta Il cedro del Libano (Garzanti, 1939). L'opera della Deledda ha un'aura ancestrale che accredita la presenza di un microcosmo periferico, originalmente connotato, nel mosaico letterario italiano ed europeo."
Giovanna Cerina da:
Grazia Deledda, Novelle, a cura di Giovanna Cerina,
volume primo, Ilisso, 1996
Casa Deledda nei romanzi della scrittrice
Diversi ambienti della Casa Natale sono stati ricostruiti attraverso le descrizioni di alcuni romanzi autobiografici dei quali vengono proposti degli stralci.
"Mucchi di frumento, di orzo, di mandorle, di patate, occupavano gli angoli, mentre una tavola lunga era sovraccarica di lardo e di salumi, e intorno, i cestini di asfodelo pieni di fave, fagiuoli, lenticchie e ceci, facevano corte agli orci di strutto, di conserve, di pomidoro secchi e salati. Ma quello che più attirava la bramosia di Cosima erano alcuni grappoli d'uva e di pere raggrinzite che ancora pendevano da una delle travi di sostegno del soffitto: un'ape, o vespa che fosse, vi ronzava intorno beata, mentre a ei non era permesso di toccare un acino: sapeva però che c'era una canna spaccata in cima, per staccare il giunco che legava i grappoli e tirarli giù in salvamento: la trovò, dietro l'uscio, la sollevò come lo scaccino quando accende in alto le candele: l'ape volò via, un grappolo fu afferrato, ma a metà discesa scappò dai denti della canna, cadde, si sciolse sul pavimento come una collana rotta. Sulle prime ella si sbigottì; poi pensò che la mamma, la più severa della casa, non poteva accorgersi del piccolo disastro; e con una pazienza di volontà che lei sola possedeva, raccolse uno per uno gli acini, li mise dentro il suo fazzoletto, fece sparire i raspi e il giunco, ripose la canna, e quando ogni traccia del danno scomparve, pensò che sarebbe anche lei stata buona, come sentiva raccontare dai servi quando ritornavano di campagna, a commettere un furto, un abigeato, e farne sparire le tracce in modo che nessuno avrebbe mai sospettato del vero colpevole."
(Grazia Deledda: Cosima, Treves, 1937)
Museo Deleddiano-Casa natale di Grazia Deledda
Il Museo Deleddiano ha sede nella casa natale della scrittrice nuorese Grazia Deledda (1871-1936). Grazie alla generosità della famiglia Madesani-Deledda, e in particolare della signora Fernanda, nuora della scrittrice, l'ISRE entra in possesso di un gran numero di manoscritti, fotografie, documenti vari e di oggetti personali che formano la prima dotazione repertale del Museo aperto il 5 marzo 1983. L'attuale assetto espositivo, dopo il primo allestimento basato sostanzialmente sui documenti donati dalla famiglia Madesani, mira a mettere in evidenza, attraverso l'ausilio dei materiali acquistati nel corso degli anni dall'Istituto, il legame tormentato della scrittrice con Nuoro e nel contempo le vicende personali e letterarie seguite al suo trasferimento a Roma.
Si accede attraverso un edificio adiacente alla casa che ospita la biglietteria, i servizi e il bookshop. La visita si snoda attraverso i tre livelli dell'abitazione, segnati da una scala centrale, continuando nel cortile e nel giardino.
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