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Monumenti Archeologici Periodo Prenuragico :: Tombe, Menhir, Templi, strutture archeologiche

Cultura Sarda > Monumenti in Sardegna
Monumenti Periodo Prenuragico,  Ittiri Necropoli di Sa Figu
Necropoli di Sa Figu Ittiri. La necropoli è situata sul ciglio nord dell'altopiano calcareo di Coros, che domina la valle del Rio Mannu, nel Logudoro, regione della Sardegna nord-occidentale e comprende 11 ipogei: domus de janas e "domus a prospetto architettonico". Il complesso è inquadrabile tra il Neolitico finale e il Bronzo medio.
Monumenti Periodo Prenuragico

Dolmen
Il termine "dolmen" (di origine bretone) significa "tavola di pietra" e fa riferimento alla tipica forma dei monumenti così denominati, realizzati proprio come una sorta di tavola litica. I dolmen (come quello di Motorra, ubicato nel territorio di Dorgali) svolgevano la funzione di tombe.

Domus de janas
Le "domus de janas" (case delle fate) sono le grotte artificiali al cui interno venivano deposti vari corpi. Compaiono nel Neolitico recente (cultura di Ozieri) ma il loro uso perdura, grazie alla pratica del riutilizzo, sino all'Eneolitico e, in qualche caso, al Bronzo antico (cultura di Bonnannaro).

Grotte
Nella storia evolutiva delle culture umane lo spazio fisico della grotta ha assunto una rilevanza cruciale sin dalle fasi preistoriche, giungendo non a caso ad assumere significative valenze simboliche. La rilevanza di alcune delle testimonianze archeologiche rinvenute in tali spazi sono un riflesso eloquente di questo fatto.

Menhir
I "menhir" (noti in Sardegna come "perdas fittas") sono dei grandi blocchi di pietra di forma generalmente allungata, che possono presentare questa forma sia al naturale sia in seguito ad azione umana tendente a regolarizzare la morfologia dei blocchi, che poi possono essere eretti singolarmente o in allineamenti.

Muraglie megalitiche
Con questa denominazione si fa riferimento a grandi recinti murari posti a difesa di spazi abitativi. Si tratta di una specifica tipologia insediativa ben documentata durante l'Eneolitico sardo, di notevole rilevanza sul piano culturale dal momento che pare preludere, con dinamiche evolutive ancora da comprendere appieno, ai futuri esiti monumentali nuragici.

Stazioni preistoriche
Con questa espressione si designano in ambito scientifico le tracce della presenza umana, inquadrabili cronologicamente in ambito preistorico, rilevate in determinati siti. Essa comprende vari tipi di presenze, come ad esempio le tracce di attività produttive. In Sardegna rappresentano un significativo esempio di questo genere di attività le tracce di estrazione e lavorazione dell'ossidiana rilevabili sul Monte Arci.

Templi prenuragici
Con questo termine si designa una specifica categoria monumentale rappresentata da grandi edifici di culto, come il tempio-altare di Monte d'Accoddi, unico nel suo genere nel Mediterraneo. Tali monumenti appaiono di assoluta rilevanza, sia dal punto di vista strutturale che per l'inquadramento cronologico.

Tombe a circolo
Le "tombe a circolo", attestate in Sardegna a Goni (Cagliari) e a Li Muri (Arzachena), sono composte solitamente da un dolmen centrale circondato da una serie di cerchi concentrici, di diametro variabile, composti con pietrame di piccola pezzatura.

Oniferi, necropoli di Sas Concas
Dorgali, dolmen di Motorra
Luras, dolmen di Ciuledda
Luras, dolmen di Billella.
Dolmen dove trovarli
Benetutti, Dolmen di Monte Maone

Come arrivare
Lasciato il paese di Benetutti, si segue il sentiero che costeggia per due lati il cimitero. A 2 km circa, sulla sinistra, si trova il cancello d'ingresso nel fondo denominato Maone. Dopo aver superato una ripida collina, in direzione sud-est, si arriva alla casa colonica Angioy Coda. Sulla destra, in corrispondenza di questa, dietro il muretto a secco, è situato il dolmen di Maone. Il dolmen si isola in sito campestre.
Descrizione
La tomba di Maone è un sepoltura dolmenica di tipo misto, vale a dire in parte scavata nella roccia, in parte costruita con massi di granito di diverse dimensioni disposti su filari irregolari. Su questi poggia il lastrone di copertura. Il monumento (lunghezza m 3,5; larghezza m 1,3) comprende un'anticella di pianta trapezoidale (larghezza m 0,65/1,2; lunghezza m 0,87) orientata a S, e una camera rettangolare in pianta (larghezza m 1,3; lunghezza m 1,75; altezza m 1,90) oggi ricolma di terra. Non è improbabile che l'anticella, attualmente a cielo aperto, fosse in origine coperta da una lastra sovrapposta al lastrone di chiusura.
Storia degli studi Il monumento è noto fin dagli inizi del secolo scorso.


Domus de janas dove trovarle



  • Mamoiada, necropoli di Sa Conchedda Istevene
  • Morgongiori, Necropoli e menhir di Prabanta
  • Nughedu Santa Vittoria, Necropoli di Sas Arzolas de Goi
  • Nuoro, necropoli di Maria Frunza/Ianna Ventosa
  • Oniferi, necropoli di Brodu
  • Oniferi, necropoli di Sas Concas
  • Ossi, Necropoli di Mesu 'e Montes
  • Pimentel, Necropoli di S'Acqua Salida e di Corongiu
  • Porto Torres, Necropoli di Su Crucefissu Mannu
  • Putifigari, necropoli di Monte Siseri
  • San Giovanni Suergiu, necropoli di Locci Santus
  • Sassari, Necropoli di Ponte Secco
  • Sedini, Domus della Rocca
  • Sennori, necropoli dell'Orto del Beneficio Parrocchiale
  • Sorradile, Necropoli di Prunittu
  • Sorradile, Necropoli di Sas Lozas e Isterridorzu
  • Suni, Necropoli di Chirisconis
  • Villa Sant'Antonio, Necropoli di Genna Salixi
  • Villa Sant'Antonio, Necropoli di Is Forrus e menhir di Monte Corru Tundu
  • Villanova Monteleone, Necropoli di Puttu Codinu
  • Villaperuccio, necropoli di Montessu

  • Alghero, Necropoli di Anghelu Ruju
  • Alghero, Necropoli di Santu Pedru
  • Anela, Necropoli di Sos Furrighesos
  • Benetutti, Domus di Molimentos
  • Bonnanaro, Necropoli di Corona Moltana
  • Bonorva, Necropoli di Sant'Andrea Priu
  • Bosa, Necropoli di Coroneddu
  • Buddusò, necropoli di Iselle
  • Buddusò, necropoli di Ludurru
  • Busachi, Necropoli di Campu Maiore
  • Cargeghe, Domus di Pescialzu
  • Cargeghe, Necropoli di S'Elighe Entosu
  • Castelsardo, Domus dell'Elefante
  • Cheremule, Necropoli di Moseddu
  • Chiaramonti, Necropoli di Su Murrone
  • Florinas, Necropoli di Pedras Serradas
  • Florinas, Necropoli di S'Abbadia
  • Illorai, Necropoli di Molia
  • Ittireddu, Necropoli di Partulesi
  • Ittiri, Necropoli di Sa Figu
  • Lotzorai, necropoli di Tracucu, Genna 'e Tramonti, Fund 'e Monti
  • Macomer, necropoli di Filigosa

Porto Torres, domus de janas Su Crocefissu Mannu
La necropoli comprende almeno 22 sepolture, alcune delle quali, rinvenute sigillate, documentano singolari pratiche sepolcrali. Gli ipogei sono accessibili mediante un ingresso a pozzetto verticale o attraverso un corridoio ("dromos") discendente. Le planimetrie, piuttosto articolate – tipiche delle necropoli ipogeiche del Sassarese - presentano numerosi vani disposti intorno ad un'ampia camera principale. La necropoli è databile al neolitico finale, con fasi dell'Eneolitico e del Bronzo antico (3200-1600 a.C.). Tra le sepolture sinora rinvenute, si segnalano le tombe VIII, XII e XXI, per la complessità dell'impianto planimetrico e per la presenza di elementi simbolici (protomi bovine) scolpiti alle pareti. La tomba VIII si compone di un breve "dromos" che introduce in due piccoli vani quadrangolari; da questi si passa in un'ampia cella rettangolare intorno alla quale si dispongono dieci vani secondari. La tomba XII si compone di ben 15 vani. Un lungo "dromos" immette in un'anticella, di dimensioni ridotte, sulla cui parete destra si affaccia un vano quadrangolare che immette in altre quattro camere.
Come arrivare
Percorrere la SS 131 in direzione di Porto Torres sino al Km 224,1; svoltare a destra in una stradina a fondo naturale e percorrerla sino alla fine (circa 400 metri): la necropoli è situata sul tavolato calcareo a sinistra del viottolo. La necropoli si apre in un banco calcareo, in località Li Lioni, a pochi km dal Golfo dell'Asinara, nella Sardegna nord-occidentale.

Ozieri, grotta di San Michele
Grotte con testimonianze archeologiche
Dorgali, figurazioni della grotta del Bue Marino

Come arrivare
La grotta è raggiungibile via mare con traghetti che attraccano nel porticciolo di Cala Gonone. La grotta del Bue Marino (comune di Dorgali) si apre direttamente sul mare, nelle scenografiche falesie calcaree del golfo di Orosei. È costituita da due vaste gallerie che hanno uno sviluppo totale di 4 km.

Descrizione
Sono state individuate una ventina di figure antropomorfe, una coppella e due cerchi con piccola coppella centrale; i motivi sono per lo più raggruppati. Un piccolo gruppo di tre figure è inciso a circa 2 m a s., una figura isolata si trova a 2,5 m di distanza, in alto. Le figure sono del tipo "a doppia forcella", con un segmento verticale (il corpo) e due semicerchi contrapposti (le braccia sollevate e le gambe piegate). Il segmento verticale è lungo mediamente 30 cm. Il solco dell'incisione è di 1 cm. Lo schema presenta numerose varianti: una figura isolata "a candelabro", con arti multipli; due figure con appendice laterale obliqua; una figura con gambe e braccia piegate nella stessa direzione. Gli arti sono più o meno lunghi, inclinati e arcuati. Le figure appaiono erette e si dispongono con grande libertà tra di loro e rispetto ai tre motivi circolari. L'interpretazione della scena è problematica. Gli studiosi suppongono che si tratti di una danza che vede coinvolti esclusivamente uomini (la parte inferiore del segmento verticale rappresenterebbe il sesso maschile). La coppella e i cerchi con coppella sarebbero connessi con una simbologia solare. Per quanto riguarda la datazione, non si hanno elementi decisivi. Confronti con una figurina del riparo di Frattale (Oliena), col motivo "ancoriforme capovolto" delle statue-menhir sarde, e con motivi dell'arte camuna, portano a collocare le figurazioni nell'orizzonte dell'Eneolitico finale (2100-1800 a.C.).

Storia degli scavi
Le figurazioni sono incise all'ingresso della grotta, nella superficie ricurva della roccia, poco prima del passaggio alla Sala della Dama Bionda, dove negli anni quaranta del Novecento fu effettuato un breve intervento di scavo ad opera di Giovanni Lilliu. Lo scavo restituì materiali della cultura di San Michele (Neolitico finale, 3200-2800 a.C.). La scoperta delle figurazioni, nel 1977, destò un grande interesse poiché per la prima volta nell'isola si rinvenivano incisioni preistoriche in una grotta per la quale poteva essere ipotizzato un uso non sepolcrale. La loro lettura è resa difficile dalle irregolarità del calcare e dallo stato di corrosione provocato dalla salsedine nelle superfici della grotta.

Goni, menhirs
Menhir come trovarli
Goni, Menhir e sepolture megalitiche di Pranu Mutteddu

Come arrivare
Dalla SS 131 si svincola per Senorbì, all'altezza di Monastir, direzione Oristano-Sassari. Si svolta a destra e si percorre la SS 128. Si attraversa Senorbì e si imbocca la SP 23. L'area archeologica di Pranu Muteddu si può vedere sulla s., qualche chilometro prima dell'abitato di Goni. L'area archeologica è situata nel Pranu Mutteddu, un'estesa piattaforma arenacea e scistosa del Gerrei, regione della Sardegna sud-orientale. Gli scavi si estendono all'interno di una lussureggiante sughereta.

Descrizione
Pranu Mutteddu è una delle più suggestive e importanti aree funerarie della Sardegna preistorica. A N del pianoro, in località Su Crancu, si localizza l'agglomerato capannicolo di riferimento della necropoli.
A Sud di esso si trovano i sepolcreti di Pranu Mutteddu e di Nuraxeddu, eccezionalmente attorniati da folti gruppi di menhir (in coppie, in allineamento o presenti all'interno delle stesse tombe) e da costruzioni rotonde di probabile carattere sacrale. Più a S, sul roccione di Genna Accas, è situata l'omonima necropoli ipogeica a domus de janas con tre circoli tombali. Altre strutture affiorano nella zona circostante, particolarmente interessanti i resti dell'"allée converte" di Baccoi. I sepolcri, costruiti con l'arenaria locale, sono in genere costituiti da due-tre anelli concentrici di pietre, talvolta presentano un paramento gradonato per il sostegno del tumulo. Al centro è presente la camera funeraria, costruita in tecnica sub-ciclopica, alla quale si accede tramite un corridoio formato da lastroni ortostatici (talvolta menhir) coperti a piattabanda. Le celle interne si diversificano per forma, circolari o allungate, in base al numero di sepolture che dovevano ospitare: non mancano le ciste monosome dove il defunto veniva introdotto attraverso un portello quadrangolare e deposto rannicchiato. Le coperture delle celle erano tabulari o a pseudovolta a mensole aggettanti. La tomba II, particolarmente grandiosa, presenta l'ingresso, l'anticella e la cella funeraria scavati in due distinti blocchi rocciosi trasportati in loco e adagiati su una massicciata accuratamente predisposta; nella fine lavorazione della pietra, ottenuta con la martellina, e nel disegno architettonico e planimetrico richiamano fedelmente le sepolture a domus de janas. Lo scavo della tomba II ha restituito vasetti miniaturistici, un pomo sferoide, punte di freccia in ossidiana, uno stiletto e un pugnaletto in selce, un piattello fittile, un'accettina in pietra bianca ed elementi di collana in argento. Gli oggetti evidenziano un contesto Ozieri (Neolitico finale, 3200-2800 a.C.) con attardamenti nel primo Calcolitico (2800-2600 a.C.). Per quanto riguarda i menhir, Pranu Mutteddu restituisce, con i suoi 50 esemplari, il maggiore raggruppamento della Sardegna. Distribuiti variamente, in coppia, in allineamenti, in piccoli gruppi, talora sulle stesse architetture tombali, sono realizzati con l'arenaria locale. Sono del tipo "protoantropomorfo", a forma ogivale o subogivale e superficie anteriore piana.

Storia degli scavi Il complesso è stato scavato a più riprese da Enrico Atzeni, a partire dal 1980.

Olmedo, Monte Baranta
Olmedo, Monte Baranta
Laconi, menhir di Corte Noa
Asuni (OR), menhir
Muraglie megalitiche come trovarle
Castelsardo, Muraglia di Monte Ossoni

Come arrivare
Da Castelsardo si percorre la SS 134 dell'Anglona verso Perfugas, sino a Multeddu; si imbocca sulla s. la strada sterrata che risale la collina della "Roccia dei Cacciatori" e si procede entro l'area di rimboschimento forestale per circa km 2, all'estremità E del Monte Ossoni, ove è situata la postazione del servizio antincendi. L'area archeologica è situata sulla sommità di un rilievo trachitico tronco-piramidale (m 348 s.l.m.) con ampio dominio visivo sulla vallata sottostante, sulla foce del Coghinas e su un buon tratto di costa a E di Castelsardo.

Descrizione
Il complesso comprende un piccolo villaggio d'altura difeso da una muraglia megalitica, secondo una tipologia insediativa ben documentata durante l'Eneolitico. La muraglia (lungh. m 60 circa) delimita l'area orientale del pianoro (mq 1.636, 60 di superficie) proteggendone l'unico lato non difeso dalle pareti a strapiombo. La cortina (alt. max. m 3,45 su tre filari), che si sviluppa con andamento curvilineo e orientamento da NE a SE, è realizzata con blocchi di trachite di notevoli dimensioni e appena sbozzati, posti in opera su filari orizzontali quasi regolari. Allo stato attuale risulta difficile individuare l'ingresso alla cinta a causa del crollo di buona parte delle strutture; tuttavia, è probabile che l'accesso si aprisse, in posizione facilmente difendibile, in corrispondenza dell'estremità meridionale, a una distanza di appena 6 m dal dirupo. Il villaggio si estende sia all'interno dell'area delimitata e difesa dalla muraglia sia all'esterno lungo il margine scosceso dell'altura. Le strutture abitative ubicate all'interno, un tempo individuabili fra la fitta vegetazione arbustiva, non sono state scavate e sono state purtroppo distrutte dalla realizzazione di un edificio del servizio antincendi; anche all'esterno i mezzi meccanici hanno in parte sconvolto e devastato i resti dell'abitato. Gli scavi condotti dal Moravetti hanno restituito materiale ceramico in prevalenza di cultura Monte Claro e del Vaso campaniforme (Eneolitico evoluto e finale). Il rinvenimento di materiali di cultura Bonnannaro e di età storica attesta una prolungata frequentazione dell'area.

Storia degli scavi
Il sito fu oggetto di uno scavo d'urgenza (condotto nel 1979 da Alberto Moravetti) a seguito dei danni causati alle strutture dai lavori per l'installazione di un ripetitore RAI. Il breve intervento si limitò ad alcuni saggi effettuati a ridosso della parete interna della muraglia.

Muraglia megalitica di Monte Baranta, Olmedo (SS)
Ossidiana
Ossidiana
Museo dell'Ossidiana Pau
Museo dell'Ossidiana Pau
Stazioni preistoriche come trovarle

Pau, Sentiero dell'ossidiana
Come arrivare
Dalla SS 131, al bivio di Uras si prende la direzione per Laconi e si percorre la SS 442 attraversando Morgongiori e Ales. All'uscita di Ales in direzione di Laconi, si svolta al bivio per Pau, SP 48. All'ingresso del paese si seguono le indicazioni per il sentiero dell'ossidiana. Il sito è localizzato geograficamente in una superficie fortemente acclive interessata consistenti accumuli detritici di blocchi e noduli di ossidiana in giacitura secondaria, provenienti dagli affioramenti situati sui sovrastanti rilievi.
Descrizione
L'ossidiana, vetro di origine vulcanica largamente utilizzato dall'uomo neolitico per produrre utensili di varia natura, definita "l'oro nero" dell'antichità, fu di straordinaria importanza anche per lo sviluppo della preistoria sarda. Manufatti ottenuti con l'ossidiana del Monte Arci, sfruttata a partire dal IV millennio a.C., sono stati ritrovati in svariati insediamenti neolitici della Sardegna, dell'Italia settentrionale e della Francia meridionale.
Nel complesso vulcanico del Monte Arci, di cui sono note almeno tre colate distinte di ossidiana: SA (Conca Cannas–Uras), SB1 e SB2 (Santa Maria Zuarbara–Marrubiu), SC (Perda Urias/Sennixeddu-Pau), il territorio di Pau è l'unico che abbia consentito, almeno per ora, di documentare attraverso resti archeologici di notevole entità, centri di riduzione e trasformazione della materia presso le sorgenti primarie. Il centro di lavorazione dell'ossidiana di Sennixeddu, localizzato lungo l'omonima valle, è uno dei più vasti del Monte Arci. Il Lamarmora scriveva: "Facendo una piccola deviazione a destra passando vicino a due luoghi detti Conca 'e Cervu e Sennixeddu, si può prendere un sentiero incassato, che conduce alla cima del Monteverso la Trebina. Lungo il sentiero, il viaggiatore ha qualche volta l'impressione di camminare sui cocci di una vecchia fabbrica di bottiglie nere tanto sono numerose le scaglie di un vetro nero vulcanico che è chiamato ossidiana". In quest'area sono state evidenziate ed analizzate grandi concentrazioni di noduli di ossidiana e, soprattutto, di prodotti di scheggiatura che si distribuiscono lungo entrambi i versanti del canale di Sennixeddu, su una superficie di oltre 20 ettari. Sezioni stratigrafiche occasionali dei versanti hanno messo in evidenza depositi di residui dell'attività di lavorazione dell'ossidiana di oltre m 1 di potenza. Recenti prospezioni di superficie hanno permesso di individuare, sotto il ciglione che da Perda Urias raggiunge il canale di Fustaiolu, altri centri di riduzione della materia prima (Mitza Fustiolau, Mitza Niu Crobu, Mitza Mereu). Inoltre, in località Su Forru de Sinzurreddus, a circa 350 m a est dell'area di lavorazione di Sennixeddu è stato individuato un potenziale sito di insediamento, ora in fase di scavo.
Storia degli scavi Gli scavi e le indagini sono in corso a cura di Carlo Lugliè.

Templi prenuragici come trovarli
Arzachena, circoli di Li Muri
Arzachena, circoli di Li Muri
Goni, circoli megalitici
Goni, circoli megalitici
Tombe a circolo come trovarle
Arzachena, circoli di Li Muri

Come arrivare
Da Olbia si prende la SP 82 fino all'incrocio con la SS 125, da percorrere in direzione di Arzachena. Dal centro abitato del paese si imbocca la SP 115 per Bassacutena. Percorsi 4,5 km si prende un bivio a s., da percorrere per circa 2 km, e si giunge alla tomba di giganti di Li Lolghi. Si prosegue per altri 500 m e si imbocca un bivio a d. Percorsi altri 500 m si giunge ai circoli funerari.
La necropoli è situata nell'entroterra gallurese, a circa 10 km dal golfo di Arzachena. Si sviluppa in una piccola radura tra dolci e verdi rilievi.

Descrizione
Costruita col granito locale, è costituita da cinque ciste litiche, di cui quattro circondate da circoli di pietre infisse verticalmente. Le ciste, quadrangolari, accoglievano probabilmente un solo defunto ed erano dotate all'origine di un lastrone di copertura. Una volta chiuse, venivano ricoperte da tumuli di terra e pietrisco, come dimostra la fitta serie di lastrine disposte in circoli concentrici attorno alle celle sepolcrali, che servivano a contenere il tumulo proteggendolo dal dilavamento operato dalle piogge. La necropoli doveva dunque presentarsi al suo tempo come una serie di cupole ravvicinate.
I circoli (diametri da m 5,30 a m 8,50) sono tangenti tra loro e nell'area risultante al loro interno e a S di essi si trovano piccole cassette litiche destinate probabilmente a ricevere periodiche offerte alimentari per i defunti. Stele frammentate sono inserite nei circoli che delimitano esteriormente le sepolture, mentre una stele isolata è inserita in una cassetta litica: sono la testimonianza di un culto funerario, forse contrassegni dei morti o effigi tutelari. Le tombe hanno restituito pochi resti di ossa, il che non consente di ricostruire il rituale funerario praticato. Il rinvenimento di ciottoli con residui di ocra rossa ha fatto pensare alla preparazione del colorante, che veniva forse utilizzato sullo stesso corpo dei defunti. Le ceramiche rinvenute sono inornate e poco significative, mentre sono notevoli i reperti litici: una coppetta in steatite con coppia di prese ad anello, di influenza egea, pomi sferoidi, lame in selce, accettine e vaghi di collana. Questo sito ha dato per lungo tempo nella storia degli studi il nome ad una cultura considerata a sé stante: quella "dei circoli megalitici" o "di Arzachena", poi interpretata come una facies gallurese della cultura di San Michele o di Ozieri (Neolitico recente, 3200-2800 a.C.). Oggi, per la forte somiglianza tipologica tra la famosa coppa in steatite verde rinvenuta nella necropoli e le produzioni ceramiche pertinenti alla facies San Ciriaco (3400-3200 a.C.), si tende ad attribuire culturalmente la necropoli a questa facies del Neolitico recente sardo.

Storia degli scavi Fu scoperta nel 1939 e scavata tra il 1939 e il 1940 da Salvatore Puglisi.


 

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