Storia del Cimitero Monumentale di Sassari
IL 24 novembre 1278, l'Arcivescovo Togodoro, fece istituire oltre la Chiesa di San Nicola, altre quattro Parrocchie, già in quel periodo i morti delle famiglie benestanti venivano seppelliti nelle chiese, i poveri in zone adiacenti, che erano chiamate CIMITORIO.
L'arcivescovo, ordinò di seppellire tutti morti a San Nicola, poiché come chiesa principale gli spettavano i diritti di sepoltura, d'altro canto era la chiesa di San Nicola, che non permetteva alle altre chiese di avere un loro cimiterio, creando di fatto uno stato di supremazia e controllo rispetto alle altre parrocchie.
Tutto questo per un interesse puaramente economico, poichè i diritti di sepoltura erano dei versamenti pecuniari.
Si susseguì questo stato di cose per moltissimo tempo, nonostante le imposizioni dalla Santa Sede di trovare locazioni più consone per la sepoltura dei morti, in particolar modo al di fuori della chiesa, ma fu soltanto dopo l'epidemia del 1816 che procedettero alla costruzione dei camposanti all'aperto, poichè solo a Cagliari fece 583 vittime.
I Camposanti dovevano essere lontani dall'abitato, in quanto in quel periodo a causa dei numerosi morti, fu saturato il già esiguo numero di posti disponibili sia all'interno delle chiese sia nelle immediate vicinanze.
Si procedeva a seppellire velocemente e a poca profondità, con la conseguenza che a volte i cadaveri si gonfiavano facendo esplodere letteralmente le mattonelle delle chiese, e spesso a causa del poco controllo dovuto all'enorme moria della popolazione, le persone erano seppellite ancora vive, causando episodi di rumori e colpi provenienti dall'interno delle tombe, questo creava terrore e panico nei presenti, e nascevano così parecchie leggende e credenze popolari e superstizioni sulla sepoltura dei cadaveri, una delle più conosciute era quella degli spiriti che uscivano dalle tombe. Ciononostante si continuò a seppellire dentro le chiese ancora per molto tempo.
Nel 1816 l'arcivescovo incaricò il prefetto canonico della sacristia di improvvisare un Camposanto a San Biagio, utilizzando il sito dell'antico cimitero attiguo al Decimario.
Una circolare Viceregia del 19 ottobre 1824 proibiva in modo assoluto a Vescovi e Vicari di seppellire cadaveri nelle chiese parrocchiali.
L'ingegnere capitano Dogliotti il 22 dicembre 1824 compilò un progetto del Cimitero di Sassari, proponendo l'orto di San Paolo del convento dei Frati Mercedari.
Il Governatore di Sassari nel Gennaio 1833, denunciava l'abuso invalso di seppellire i morti in chiesa, esortazione a servirsi solo delle chiese extra muros (fuori dalle mura di Sassari), sino alla costruzione del Camposanto.
Si ordinò di destinare alla sepoltura la chiesa dei Mercedari, proponendo la soppressione del convento, a seguito del dispaccio del Maggio 1833 il Governatore nominò una commissione composta da vari membri tra cui il proto medico Ingegnere Idraulico Luigi Bonomi, l'Architetto Civico Pau, i quali trovarono adatto come Camposanto, l'orto dei Mercedari, fu preferito poiché salubre, appartato e lontano dall'abitato.
Il 4 Luglio 1833 l'Ingegnere Dogliotti, comunicò al Vicerè una memoria per appaltarsi l'opera, per cui si propose che tutti i lasciti delle famiglie alla chiesa di San Paolo, per anniversari, per le messe e le feste varie, fossero dati ai due frati sassaresi che gestivano prima la chiesa dei Mercedari, i quali divennero Cappellani del Camposanto, e amministratori dei lasciti e del censimento dei morti.
A novembre il Municipio ordinava la costruzione del muro di cinta e del portone d'ingresso, più tre arcate che sarebbero servite da modello per le tombe di famiglia dei privati.
I progetti del Camposanto erano due, il primo dell'Architetto Pau, ed il secondo dell'Architetto Angelo Maria Piretto, la commissione scelse il secondo, per la semplicità e per il costo più basso.
A settembre del 1835 i Mercedari cedono l'orto di Calimaxiu al comune, a novembre 1835, si stipulava l'atto tra il Municipio e i frati Mercedari per la cessione dell'orto, il Vicerè approvò i disegni di Piretto a Dicembre dello stesso anno, la costruzione fu affidata ad aprile dell'anno successivo, il 1836, all'impresario muratore Antonio Vincenzo Virdis.
CIMITERO PROVVISIORIO
Durante i lavori del Camposanto, a Gennaio del 1835 l'Arcivescovo suggeriva un cimitero provvisorio, in un terreno vicino al convento di Santa Maria, infatti solo i preti ed i frati avevano ancora l'autorizzazione ad essere seppelliti dentro le chiese, tutti gli altri dovevano essere seppelliti all'esterno, privilegio che durò fino al 1866.
Il 13 ottobre 1836 il municipio stipulò il contratto con i becchini per il trasporto dei cadaveri, contratto maturato in seguito a notevoli disagi nel trasportare i corpi dei defunti sino al cimitero, a volte fatto con calessi e cavalli (disdegnato da tutti, sia dai poveri sia dai ricchi), a volte fatto con carri e spinto a mano, con notevoli proteste da parte dei cittadini, a causa delle emanazioni odorose e della processione dei familiari, con pianti e urla (tradizione che era stata messa al bando tanto tempo addietro ma mai lasciata dalla popolazione).
Il 15 ottobre aprì il cimitero provvisorio a Santa Maria, tra le tante persone seppellite in quell'anno di transizione all'apertura del cimitero nuovo, vi fu seppellito anche il Marchese di Monte Muros a Maggio del 1837.
Nuovo Camposanto
Il Camposanto Nuovo fu aperto il 12 luglio del 1837. Il primo defunto seppellito fu il calzolaio Pepe Giacomedda, la sua salma fu benedetta dal Decano Teologo Giovanni Ruiu.
Fonte: "Sassari Trilogia" di Enrico Costa,
Edizioni Gallizi.