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Busachi :: sorge in un piccolo anfiteatro naturale sulla sommità del versante che costituisce la sponda sinistra del Tirso.

Località > Oristano
Panorama del paese di Busachi in provincia di Oristano
Busachi
Il paese di Busachi sorge in un piccolo anfiteatro naturale sulla sommità del versante che costituisce la sponda sinistra del Tirso. E' un centro caratterizzato da interessanti elementi di paesaggio urbano come le tipiche costruzioni di trachite rossa. Da segnalare la chiesa parrocchiale di Sant'Antonio da Padova, situata nel vecchio centro storico.


Abitanti: 1.601
Superficie: kmq. 59,05
Municipio: piazza Italia, 2 - tel. 0783 62010
Cap: 09082
Guardia medica: via Brigata Sassari, 175 - tel. 0783 62546
Polizia municipale: tel. 0783 62010
Biblioteca: via Torresani - tel. 0783 62136
Ufficio postale: via Brigata Sassari, 17 - tel. 0783 62144
Busachi resti antico monastero.
Il costume tradizionale femminile di Busachi
Testi di Salvatore Sini

Il viaggiatore che, partendo da Oristano, percorra la strada statale 388, dopo aver attraversato il ponte sul Tirso all'altezza del secondo sbarramento e affrontato frequenti curve in crescente salita, entra, al km 37, nel paese di Busachi. Il centro abitato si snoda in lungo, da un lato e dall'altro della statale, dividendosi in tre rioni: Busache ’e Josso, Busache ’e Susu e Campu Majore. Le case, costruite in trachite lavorata, sorgono in un costone, sul fianco sinistro del Monte Isa (m 561). Nel luogo predominano le trachiti, sovrapposte al basamento granitico che affiora in qualche punto, come a Moddamene.
Il territorio Il territorio comunale, di considerevole estensione rispetto al numero degli abitanti, si trova nella regione storica del Barigadu, ad un’altitudine media di 290 metri. Confina a nord-nord est col territorio di Ula Tirso e Ortueri, a est-sud est con quello di Samugheo e Fordongianus, a sud-ovest con quello di Fordongianus e Paulilatino, a nord-ovest con quello di Ghilarza. È fortemente accidentato, con notevoli risalti e profonde valli. I terreni, ricchi di argille, marne e arenarie, si prestano alla pratica della pastorizia e dell'agricoltura. Favorevole al riguardo è la presenza del Tirso e del suo maggiore affluente, il rio Massari, nel luogo chiamato Frumuneddu. In essi riversano le acque numerosi torrenti, quali S'Erriu ’e Tudasa e S'Erriu ’e Tannaghe, a loro volta alimentati da ruscelli minori. Si contano circa 100 sorgenti, alcune, come Ninzallosso e Bardeasa, rinomate per le acque, altre utili per l'abbeverata del bestiame e la coltivazione degli ortaggi. Sopravvivono ancora, nonostante gli incendi, alcune zone boschive ricche di diverse specie arboree e arbustive tipiche della macchia mediterranea. Domina il pascolo cespugliato con prevalente lentischio e ricorre il terreno vitato, suddiviso in piccoli appezzamenti, caratteristico al punto da influire sul toponimo, come nel caso di Bingiallese.

Busachi complesso architettonico monumentale Cullegiu ex convento dei gesuiti ruderi
Busachi complesso architettonico monumentale Cullegiu ex convento dei gesuiti gradinata
La storia Notevoli nel territorio i resti di insediamenti umani risalenti alla preistoria. Si contano circa 70 domus de janas, tombe ipogeiche dei protosardi scavate nella roccia: rappresentative quelle di Campu Majore, Cronta, Manielle, Pardischedda e Grugoso per la struttura, l'effigiata protome taurina e le decorazioni di colore rosso. Tra i nuraghi spiccano Su Nuraghe ’e Saolle, Su Nuraghe ’e Su Congiatu ’e Cotte, Su Nuraghe ’e Sa Jacca e soprattutto Su Nuraghe ’e Santa Marra, poderoso complesso intorno al quale la fantasia popolare ha intessuto significative leggende. Nel periodo giudicale, secondo alcuni studiosi, la villa di Busachi fu preferita dai giudici d'Arborea per il reclutamento delle guardie fidate al loro seguito. Nel periodo spagnolo fu eretta a marchesato e concessa in feudo ai Torresani, che l'abbellirono di monumenti e case signorili in trachite scolpita da abili piccadòres. La sua importanza crebbe sotto i Savoia quando, con regio editto del 24 dicembre 1821, divenne capoluogo di una vasta provincia comprendente 81 comuni raggruppati in 8 distretti. Tra gli edifici di interesse storico e artistico figurano “Cullegiu” e “Cuvventu”, due conventi fondati da Gerolamo Torresani nel sec. XVI: del primo, affidato ai Gesuiti e poi agli Osservanti, resta l'ampio colonnato; del secondo, affidato ai Domenicani, è stata restaurata la chiesa, che accoglie in breve spazio pregevoli elementi di architettura sardo-spagnola. A metà strada tra i due conventi è ubicata la chiesa parrocchiale, superba dell'alto campanile in pietra lavorata, spaziosa nelle ampie navate con archi a sesto acuto. Intitolata a sant'Antonio da Padova, fu consacrata nel 1759. Nel rione basso troviamo la chiesa di San Bernardino (secolo XVI), raccolta nell'unica navata, limpida di elementi classicheggianti. Non lontano dal paese, alfine, la chiesetta di Santa Susanna, parrocchiale del distrutto paese di Moddamene consacrata nel 1349, respira nella frescura del sagrato, tra le muristènes dei novenanti d'agosto, composta nella sua lineare semplicità.
Il paese «Paese ameno e aggradevole agli occhi»: così il padre Vittorio Angius descriveva Busachi intorno al 1850. Questa sensazione si prova ancora oggi osservando le strade ampie e regolari, le costruzioni in trachite, il ricco e vario costume femminile. Ma lo sguardo attento coglie subito elementi sintomatici di una situazione difficile. Abbandonate completamente le colture del lino, del grano, dell'orzo e dell'avena, sopravvivono stancamente quelle della vite e dell'olivo. Solo l'allevamento, in prevalenza ovino, resta una fonte di sussistenza capace di fornire un reddito sufficiente a un centinaio di nuclei familiari. Il resto della popolazione cerca di preferenza un posto di lavoro dipendente, difficile da reperire in loco. Neanche i lavori di costruzione della nuova diga del Tirso, iniziati nel 1982, hanno soddisfatto le esigenze occupazionali o creato prospettive di un domani migliore per la zona. D'altra parte pochi hanno iniziativa e capitale per intraprendere attività private che permettano l'espansione dei servizi. I modi di vita restano ancorati alla tradizione e stentano ad evolversi in senso urbano e moderno. Gradualmente migliora l'istruzione pubblica. Le nuove generazioni frequentano la scuola materna, elementare e media in accoglienti caseggiati di recente costruzione. Una sezione staccata dell’ANAP di Santa Giusta ha funzionato per diversi anni, rilasciando la qualifica di muratore o carpentiere. È a disposizione della popolazione una ricca biblioteca comunale. Il gruppo archeologico ex legge 285/77 ha censito monumenti, allestito mostre, catalogato reperti. La Pro loco ha incentivato con impegno, tramite i concorsi, la ricerca sulle tradizioni locali. Il gruppo folk ha fatto conoscere il ballo “a sa moda de Busachi bella mia!”. La polisportiva ha utilizzato un campo da tennis ed uno da calcio, avviando le nuove generazioni allo sport e formando una squadra di calcio.

Busachi costume sardo
Busachi chiesa parrocchiale di Sant Antonio da Padova
Un pittore a Busachi Il paese resta legato al nome e all'attività artistica del pittore Filippo Figari. Nato a Cagliari il 3 settembre del 1885, compie gli studi classici e si iscrive al corso di laurea in legge che presto interrompe per dedicarsi interamente alla pittura. Studia a Roma, a Venezia, a Monaco di Baviera. Rientra quindi a Cagliari. Nel 1911 si trasferisce a Busachi per trarre ispirazione per i lavori di decorazione della Sala dei Matrimoni del Palazzo Civico di Cagliari. Qui dimora per un anno e mezzo e trova soggetti, temi, motivi che porteranno alla realizzazione delle mirabili tele della sala, lunghe ventisette metri e alte due metri e mezzo. In esse i personaggi, il costume, le tradizioni del paese assurgono a simbolo di una Sardegna che l'artista ritrae con sapienti movenze di luci e di colori nelle scene corali, negli atteggiamenti di un rituale tradizionale, nella studiata policromia dei costumi. È l'inizio di una brillante carriera di affrescatore e decoratore di pubblici edifici, di polemista e critico d'arte di chiara fama.
Le tradizioni Il paese, posto ai limiti di quelle che i Romani chiamavano le civitates Barbariae, ha un dialetto sostanzialmente campidanese con innegabili influssi barbaricini, specie nella pronuncia dura e chiusa. Geloso conservatore di antiche tradizioni, fa sfoggio di un suggestivo costume femminile, così ricco nelle sue varianti da poter esprimere non solo l'età e la situazione della donna che lo indossa, ma anche il particolare momento della vita quotidiana in cui viene indossato: c'è il costume usuale per il disbrigo delle facendo domestiche, quello più ornato per uscire e far visite, quello elegante dei giorni festivi, compunto in occasione di cerimonie religiose o funerali. Il costume da lutto, caratterizzato dal fazzoletto arancione, presenta tre varietà, a seconda che il morto sia un parente, un parente stretto o un fidanzato. Il più ricco, degno di una dama al seguito della sua regina, è il costume de priorissa, indossato dalla sposa e dalle donne del corteo nuziale. Spiccano su muncadore ’e tullu, il fazzoletto di tulle bianco ricamato; su gippone, la giacca in broccato fiorito; sa unnedda, la gonna di panno rosso, sapientemente pieghettata, ornata con ricami e trine, orlata di seta fiorita. Le feste tradizionali, ancora celebrate con viva partecipazione della popolazione, sono quelle di Sant'Antonio da Padova (13 giugno), di San Bernardino da Siena (20 maggio), di Santa Susanna (11 agosto). Tutte interessanti per i caratteristici balli locali (su ballu, su passu torrau, s'annanza) eseguiti in piazza dagli appassionati. Degna di particolare nota quella che si svolge in agosto nel villaggio campestre di Santa Susanna, per la corsa di cavalli denominata su pannu, riscoperta in questi ultimi anni dalla Pro Loco. La corsa prende nome da un panno di broccato diviso in parti proporzionali tra i cavalieri classificati al primo, al secondo e al terzo posto. Affonda le sue origini nel passato, quando la fama dei cavalieri busachesi sfidava quella degli oristanesi e dei ghilarzesi. Verbasco, cardo e caglio. Tre elementi della flora busachese rivestono particolare interesse perché legati ad antiche tradizioni locali: il verbasco (sa trivodda), il cardo dei lanaioli (sa cannaupre) e il caglio o prensuolo (sa brundajolla). Le ragazze busachesi in età da marito si servivano del verbasco per trarre auspici sull'occupazione e sulla condizione sociale dell'uomo che le avrebbe chieste in sposa. Il pomeriggio del vespro di san Giovanni andavano in gruppo in campagna, ciascuna in cerca del suo verbasco-oracolo. Trovatolo, tagliavano le foglie basali, le disponevano per terra e, scuotendo la pianta, vi facevano cadere sopra i fiori. Ricoprivano poi il tutto con le foglie della stessa pianta. L'indomani mattina presto ritornavano sul posto. Trepidanti, toglievano le foglie di copertura e osservavano gli animaletti che vi avevano trovato un comodo riparo dal freddo e un lauto pasto costituito dai fiori del verbasco. Se c'era la laboriosa formica, avrebbero avuto per marito su massaiu (l'agricoltore), se c'era la bella coccinella, sa mariolla, avrebbero avuto per marito un ricco signore, ecc. Così ciascuna aveva il responso desiderato. Subito dopo, le ragazze andavano ilari e scherzose a cercare sa cannaupre, il cardo dei lanaioli. Sceglievano le piante tra le cui foglie disposte a rosetta si raccoglieva fresca rugiada o acqua piovana dei giorni precedenti. Bagnavano le dita iss'abba ’e sa cannaupre, nell'acqua della canna di volpe, e le passavano ripetutamente sul viso per far scomparire ogni traccia di impetigine e rendere più liscia e bella la pelle. Bisognava infatti farsi belle perché quel giorno, durante i balli in piazza in onore di San Giovanni, avrebbero potuto incontrare il futuro marito, agricoltore o ricco signore… Sempre per farsi belle portavano a casa un bel mazzo di brundajolla, di caglio o prensuolo, da usare come shampoo per pulire i capelli. Bollivano in molta acqua le sommità fiorite, spesso aggiungendovi arrigambu (maggiorana), ammenta (menta), gravèllos (garofani) e orrosas (rose). Con l'acqua di cottura lavavano varie volte la testa per ottenere capelli puliti, lucenti e profumati. Così erano pronte per andare ai balli nella speranza di incontrare l'uomo annunciato dal responso del verbasco.

Busachi panorama del paese
CENTENARI IN STATO VEGETO
Il numero delle case è di 430, divise in due rioni, uno superiore, altro inferiore, con strade ampie e di qualche
regolarità, sebbene né lastricate, né selciate. La moltitudine degli olmi che vigorosamente vi frondeggiano, rende il paese ameno ed aggradevole agli occhi. Vi abitano 426 famiglie (an. 1834), nelle quali sono anime 1708. La longevità ordinaria si può fissare a circa i 75. Però vi sono stati non pochi che hanno oltrepassato di molto questo termine, e si sono pure veduti dei centenari in istato vegeto. Le malattie sono rare, e non ve ne ha alcuna che dirsi possa dominante. Nella maniera di vestire in nulla distinguonsi i busachesi dagli uomini degli altri vicini dipartimenti. Solo è rimarchevole nelle donne la molta diligenza per la mondezza, ed una squisita lindura. La scuola normale è frequentata da piccol numero di fanciulli. La fruttificazione del pessimo metodo di coltura non va che di rado nel generale al di là dell’ottuplo. Negli orti si coltivano cavoli, zucche, lattuche, pomidoro ecc. La gran riputazione dei lini di questo territorio, ha fatto che gli agricoltori abbiano usata qualche diligenza verso i medesimi. Il raccolto ascende annullamente a cira 500 cantara. Molto se ne adopera nel paese, dove non vi sono meno di 400 telai; ma per l’addietro se ne adoperava assai più, ché era allora un gran traffico di tele ordinarie, che si compravano da’ Gavoesi. La vigna prospera mirabilmente: fassi vino nero assai pregiato, che tutto si consuma nel paese. L’acquavite comprasi dai vicini villaggi di Ortueri e di Ardaùle, e di rado se ne distilla nel paese. Nutronsi in questi salti molte greggie ed armenti. I formaggi sono di qualche bontà. Quando v’era commercio di quest’articolo coi napoletani se ne facea del bianco in quantità. Il selvaggiume è assai numeroso, e delle ordinarie specie dell’isola, eccettuato il solo muflone. Lo stesso deve dirsi dei volatili.


Busachi Museo del costume e della tradizione del lino
MUSEO DEL COSTUME TRADIZIONALE E DELLA LAVORAZIONE DEL LINO
Piazza Italia - Busachi (OR)

Il Museo è ubicato nei locali della Chiesa sconsacrata di S. Domenico (XVI secolo) chiamata "Cunventu" perché faceva parte dell'antico monastero dei Domenicani. La Chiesa stessa rappresenta un elemento unico di notevole fascino. Busachi è uno dei pochi paesi della Sardegna dove permane, ancora oggi, l'uso quotidiano del costume tradizionale. In questo contesto, la raccolta dei costumi ha il valore della conservazione, della conoscenza e della trasmissione della propria identità e cultura.

Il Museo è diviso in due sezioni: i costumi e il lino. I costumi sono esposti nella navata e sono suddivisi nelle seguenti tipologie:

  • i costumi cerimoniali, sia maschile che femminile, indossati esclusivamente per il matrimonio;
  • i costumi per le feste più importanti e quelli per le feste minori;
  • i costumi quotidiani, riconoscibili per la loro semplicità;
  • i costumi indossati nei periodi di lutto;
  • i costumi dei neonati e quelli degli adolescenti.


Manufatti antichi in orbace e panno, camice in cotone e lino, corpetti in broccato, seta e velluto tessuti esclusivamente a mano testimoniano l'abilità delle donne busachesi che hanno fatto della manualità un'arte, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione. Alla sezione del lino sono riservate la cappella laterale e la sacrestia. Oltre alla materia prima, in diverse fasi di lavorazione, la sezione espone tutti gli attrezzi necessari per la realizzazione del tessuto: l'aratro di legno per la preparazione del terreno, la mazza e la gramola per la battitura e la sfibratura degli steli, il pettine, la conocchia e il fuso, l'aspo e l'arcolaio, la bobinatrice, l'orditoio e il telaio. Il percorso del Museo si conclude con l'esposizione di diversi manufatti realizzati interamente in lino locale, alcuni finemente ricamati.

Orario di apertura
Giovedì: 10.30-12.30
Venerdì: 10.30-12.30 e 15.30-18.30
Sabato: 10.30-13.00 e 15.30-18.30
Domenica: 10.30-13.00 e 15.30-18.30

Biglietti
Intero: € 2,50
Ridotto: € 2,00 (gruppi di almeno 20 persone)
Ridotto: € 1,50 (studenti delle scuole dell'obbligo)
Gratuito: 0-6 anni
Supplemento per tour guidato: € 2,00

Su prenotazione, col pagamento di un supplemento di € 2,00, si può effettuare il tour guidato che comprende la visita ai siti di interesse archeologico e culturale del Comune di Busachi:

- Complesso monumentale di Collegiu
- Villaggio campestre di Santa Susanna
- Chiesa di Sant'Antonio da Padova e Chiesa di San Bernardino
- Domus de janas in località Maniele

Gli appassionati possono effettuare il tour a cavallo attraverso percorsi incontaminati, accompagnati da una guida qualificata ed esperta del territorio.

Contatti
Piazza Italia - 09082 Busachi (OR)
Telefono: 0783/62010 (Comune di Busachi)- 340/ 2607197
Il museo è gestito dalla Cooperativa La Memoria Storica di Sestu (CA)
E-mail: museocostumetradizionale@yahoo.it
Sito web: www.comune.busachi.or.it


Busachi Museo del costume e della tradizione del lino
Busachi Museo del costume e della tradizione del lino abiti infantili
Busachi scorcio de Su Collegiu
Necropoli di Campu Maiore

Come arrivare Busachi è raggiungibile da Oristano percorrendo per circa 23 chilometri la SS 388. La necropoli ipogeica di Campu Maiore è ubicata a margine dell'omonimo rione meridionale del moderno abitato di Busachi. Quasi tutte le tombe sono accessibili attraverso i cortili retrostanti le numerose abitazioni poste in fila lungo il largo Cavour. Le tombe sono scavate lungo il costone nord-occidentale del piccolo tavolato trachitico di Tungòri-Corte 'e jana, nel Barigadu, regione della Sardegna centrale.
Descrizione La necropoli comprende 24 domus de janas; due di esse, le tombe XVIII e XIX, sono fortemente rimaneggiate. Pedarole e gradini scavati nella parete rocciosa agevolano l’accesso alle sepolture. Gli ingressi degli ipogei, rivolti verso S/SE, situati a diverse altezze dal piano di campagna e su piani sovrapposti, sono preceduti, in genere, da un breve padiglione d’accesso o, più raramente, da un "dromos". La parete d’ingresso della tomba V presenta - al di sopra del portello - un solco ad angolo acuto, forse la rappresentazione delle falde di un tetto a doppio spiovente. Le grotticelle sono prevalentemente pluricellulari, anche se il numero dei vani non è molto elevato. Lo schema planimetrico, rilevabile solo in parte in alcuni ipogei a causa del cattivo stato di conservazione, è quasi sempre a proiezione longitudinale, con padiglione d'accesso, anticella e cella principale arricchita, talvolta, da uno o più ampliamenti laterali. Le celle presentano piante circolari, sub-circolari, rettangolari, trapezoidali e pareti verticali o leggermente concave. I soffitti sono generalmente piani e più raramente concavi. Nelle anticelle delle tombe II, V, VII, XX, XXI è riprodotto un tetto ad unico spiovente. I portelli, molti dei quali danneggiati per processi naturali e, soprattutto, per opera dell’uomo, hanno generalmente forma rettangolare e trapezoidale. Sono spesso riquadrati (soprattutto i portelli d'ingresso interni) mediante cornici in rilievo. Lettucci funerari si osservano nelle tombe VII, VIII, XIV, XVIII, XX. Setti divisori, disposti in genere nella cella principale, sono presenti, invece, nelle domus XIV, XVIII, XX. In altre tombe (III, IV, VI, XV, XX) compaiono piccole nicchie per le offerte. Sono presenti anche fossette votive, prevalentemente scavate nel pavimento dell'anticella (tombe V, VI, XIV, XIX). Tracce di pittura rossa, simbolo del sangue e della rigenerazione, sono presenti nelle tombe II, X, XIII, XV, XVI, VI, VIII. Fra tutte le domus si segnala la tomba IX, che presenta - all'interno della camera principale - la riproduzione di una "falsa porta" associata a corna taurine; ai lati si osservano due riquadri ottenuti attraverso una leggera incisione. Poco sotto la linea del soffitto è presente una banda rettangolare che pare interrompersi in corrispondenza della falsa porta. Nella tomba XII, all'interno della cella maggiore, nella parte mediana della parete di fondo, una serie di piccoli triangoli equilateri, resi tramite pittura rossa, si uniscono a comporre una banda orizzontale. La necropoli risale al Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) e all'Eneolitico.
Storia degli scavi La necropoli è studiata a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso.

Bibliografia A.M. Cossu, "La necropoli di Campu Maiore, Busachi (Oristano)", in La cultura di Ozieri. La Sardegna e il Mediterraneo nel IV e III millennio a.C., Atti del II Convegno di studi (Ozieri 15-17 ottobre 1990), a cura di L. Campus, Ozieri, Il Torchietto, 1997, pp. 307-313, figg. 1-3; G. Bacco, "La necropoli ipogeica di Campumajore – Busachi (OR)", in Atti del Congresso Internazionale L’ipogeismo nel Mediterraneo: origini, sviluppo, quadri culturali (Sassari-Oristano, 23-28 maggio 1994), II, Muros, Stampacolor, 2000, pp. 971-978, figg. 1-4.


Busachi nuovo invaso della diga di Arborea
 

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