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Filippo Figari :: Filippo Figari è una delle figure più rappresentative dell’arte sarda del Novecento.

Cultura Sarda > Personalità Sarde
Filippo Figari
Filippo Figari nasce a Cagliari nel 1885. Trasferitosi con la famiglia a Sassari tra il 1901-03 fa amicizia con Giuseppe Biasi, con cui divide le prime esperienze grafiche sui fogli satirici locali. A questi anni risale la frequentazione del pittore Mario Paglietti che può considerarsi il suo primo maestro. Nel 1904-05 rientrato a Cagliari con la famiglia consegue la maturità presso il Liceo Dettori, ed espone per la prima volta in città le sue caricature in una mostra allestita con Felice Melis Marini. Nell’autunno del 1904 parte per Roma; il poeta Salvator Ruju lo introduce nella redazione del quotidiano La Patria, per il quale disegna a partire dal 1905 una lunga serie di caricature. Sue caricature e alcune copertine appaiono nello stesso anno sull’ Avanti della Domenica. Nel 1906 due manifesti realizzati per ditte vinicole isolane (Larco, Rocca) avviano la sua produzione con temi folklorici. Dopo aver frequentato lo studio del pittore Bruschi nel 1907, segue i corsi di Figura del Regio Istituto di Belle Arti e dell’Accademia di Francia. Nell’autunno, ottenuta una borsa di studio dal Comune di Cagliari, si trasferisce a Venezia, iscrivendosi al Regio Istituto di Belle Arti. Si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Monaco nel 1908 dove frequenta i corsi di Disegno di Hugo von Habermann e di Colore di Ludwig Herterich. Nel vivace ambiente monacense completa la sua formazione, assimilando il classicismo visionario introdotto nell’Accademia da Franz von Stuck. Durante le vacanze del 1909, tiene la sua prima personale a Cagliari, nei locali scolastici di Piazza del Carmine. Al ritorno nell’Isola nel 1911 ottiene l’incarico per la decorazione della Sala dei Matrimoni del nuovo Palazzo Civico di Cagliari. Per procedere alla realizzazione del ciclo pittorico, ispirato a temi della vita e del folklore della Sardegna, Figari si trasferisce a Busachi. Sempre nel 1912 partecipa al concorso per la decorazione del Salone di Ricevimento nel Palazzo Civico aggiudicandosi l’importante commessa, poi realizzata fra il 1913 e il 1916.
Filippo Figari Pittore Sardo del primo Novecento.
LA CASA, Filippo Figari 1928-29, olio su tela Cagliari. I costumi e i modelli effigiati non sono più quelli di Busachi ma di Atzara, nel Mandrolisai, paese nel quale Figari ha spostato ora i suoi interessi e dove, nella settimana prepasquale del 1927, sarà raggiunto dal celebre fotografo tedesco August Sander.
Neanche il tempo di portare a termine l’opera e l’artista ottiene nel 1914 anche l’incarico per la decorazione dello spazio più importante del Palazzo Civico: il Salone del Consiglio. Tra il 1916-17 la chiamata alle armi interrompe i lavori. Concluso il corso presso la Scuola Militare di Caserta, parte per il fronte come sottotenente. Dopo essersi distinto in una azione di guerra per cui sarà successivamente insignito della medaglia di bronzo al valore, cade prigioniero degli austriaci e viene recluso nella fortezza di Komaron. Rientrato a Cagliari alla fine della guerra riprende immediatamente l’attività realizzando lo stipo per la bandiera di Fiume e la targa offerta dalla città al generale Sanna. Tra il 1921 e il 1922 decora le cappelle Faggioli e Larco nel cimitero di Bonaria. Riavvia anche i lavori del Salone del Consiglio, portati a termine nel 1924. Il dopoguerra vede inoltre un ritorno di interesse per la grafica: nel 1919 disegna la cedola azionaria per la Società Bonifiche Sarde, e, nel 1922, i fregi in “stile rustico” per i Cantigos d’Ennargentu del poeta desulese Antioco Casula “Montanaru”. Sempre nel 1924 pubblica su Il Nuraghe “La civiltà di un popolo barbaro”, breve saggio nato da una conferenza tenuta nel 1921 a Cagliari per l’Associazione Ex combattenti. Nel 1925 realizza le due grandi tele per l’Aula Magna dell’Università di Cagliari, cui seguono le allegorie dei fiumi per il Palazzo della Società Elettrica Sarda (1926-27), la tela con La sagra di San Costantino per il Padiglione della Sardegna alla Fiera di Milano (1927), le due per il Palazzo del Consiglio Provinciale dell’Economia (1927-28), i pannelli per la sala del Comitato nel Palazzo del Provveditorato alle Opere Pubbliche (1928-29), e infine la pala d’altare per la chiesa di Mussolinia (1929-30). Dopo un lungo periodo trascorso quasi esclusivamente nella realizzazione di grandi cicli decorativi, nel 1929 riprende l’attività espositiva, presentando in anteprima le tele del Provveditorato alle Opere Pubbliche al Fiamma di Roma. Nello stesso anno Raimondo Carta Raspi scrive la prima monografia sull’artista pubblicata dalla Fondazione il Nuraghe, e, sulle pagine della rivista Pattuglia, esce a puntate un saggio sulla sua opera firmato da Raffaello Delogu. Sempre nel 1929 viene nominato segretario del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti, mantenendo l’incarico fino alla caduta del Regime. In questi anni entra in contatto con August Sander, fotografo di punta del panorama tedesco degli anni Venti, che, ospite dell’artista e della sua famiglia, realizza un reportage sulla Sardegna, e stringe amicizia con la scrittrice polacca Emilia Szenwig, che pubblica diversi articoli sull’artista e traduce in polacco La civiltà di un popolo barbaro. La partecipazione a mostre regionali e nazionali cresce e si intensifica. Dopo aver esposto alla Prima Mostra del Sindacato Regionale Fascista tenutasi a Sassari nel 1930, partecipa alla XVII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, e alla I Mostra internazionale d’Arte Sacra di Roma. L’anno successivo prende parte alla I Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, dove la sua opera La Vendemmia viene acquistata dal Re, alla II Rassegna Sindacale Regionale allestita a Cagliari, e alla Mostra d’Arte Italiana di Birmingham (USA). Sempre nel 1931 hanno inizio i lavori di decorazione della cattedrale di Cagliari, completati nella parte del transetto nel 1935. Nel 1932 espone alla III Mostra Sindacale Regionale di Sassari e alla XVIII Biennale di Venezia. Nel 1933 partecipa sia alla IV Mostra Sindacale Regionale di Cagliari sia alla I Sindacale Nazionale di Firenze, e l’anno dopo alla V Mostra Sindacale Regionale di Sassari e alla XIX Biennale di Venezia.
LA SAGRA DI SAN COSTANTINO, 1927 opera di Filippo Figari.
Viene nominato direttore della rinnovata Scuola d’Arte di Sassari nel 1935. L’impegno nella ristrutturazione della scuola e nella decorazione della cattedrale riducono notevolmente la sua partecipazione a mostre e rassegne. In tutto l’anno l’artista espone solo alla VI Mostra Sindacale Regionale di Nuoro e al Concorso della Regina dove presenta un’opera dedicata alla Grande Guerra. Nel 1936 prende parte alla VII Mostra Sindacale Regionale di Cagliari e per l’ultima volta alla Biennale di Venezia. Sebbene l’attività didattica nella Scuola d’Arte di Sassari assorba una parte notevole del suo tempo, continua ad occuparsi dell’organizzazione dell’arte isolana e a prender parte alle rassegne sindacali. Nel 1937 espone alla VIII Mostra Regionale allestita a Sassari e alla II Mostra Sindacale Nazionale di Napoli; l’anno dopo partecipa alla IX Mostra Regionale di Nuoro e alla collettiva di artisti sardi promossa dalla Szenwig nella sua villa di Positano. Nel 1939 organizza la X Mostra Regionale di Cagliari, esponendovi il cartone per la vetrata della chiesa di Carbonia realizzata nel 1938. La III Quadriennale di Roma è l’ultima rassegna prima degli eventi bellici cui l’artista prende parte. A partire dal 1940 l’impegno si rivolge sempre più all’attività didattica. Ampliata negli indirizzi e nei laboratori la Scuola viene trasformata in Istituto d’Arte. La grande tela con Eleonora d’Arborea (1942), eseguita a completamento dei lavori di risistemazione dell’Università di Sassari realizzati dall’Istituto d’Arte, è il solo lavoro di decorazione portato a termine in questi anni, mentre non arriveranno a conclusione né il progetto per la sala della Commissione Economica del Senato, né quello per le vetrate della chiesa dei Santi Pietro e Paolo all’EUR, rimasti fermi ai cartoni per la precarietà della situazione politica determinata dalla guerra in corso. Nel 1943 viene incaricato della riorganizzazione del Museo Artistico Industriale di Roma, totalmente in disarmo per le vicende belliche. Durante la permanenza nella capitale progetta il bozzetto per la decorazione della chiesa di San Saturnino, ma anche questo lavoro resterà incompiuto. La caduta del Regime mette l’artista in una situazione difficile. La carica di segretario del Sindacato Fascista Belle Arti ricoperta per più di un decennio, lo espone ad attacchi personali che culminano nel tentativo fatto dal pittore Pietro Antonio Manca di sostituirlo nella direzione dell’Istituto d’Arte, ma nel 1945 riprende il suo posto alla guida della scuola sassarese. Nel 1946, dopo diciassette anni dalla mostra al Fiamma di Roma, tiene una personale alla Galleria Acquario di Sassari, dove presenta per la prima volta una serie di paesaggi e di nature morte. I temi acquisteranno una importanza sempre maggiore nella produzione da cavalletto, confermata anche dalla mostra tenuta alla Galleria Della Maria di Cagliari nel 1948. Nel dopoguerra riprende la partecipazione a rassegne regionali e nazionali. Nel 1949 partecipa alla mostra Arte Moderna in Sardegna, allestita da Nicola Dessy presso l’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia, e l’anno successivo alla collettiva di arte sarda promossa dal Gremio dei Sardi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. In questi anni progetta la grande tela La Sagra di Sant’Efisio per il Museo delle Tradizioni Popolari di Roma, rimasta allo stadio di cartone. Nel 1951 espone alla VI Mostra Internazionale d’Arte Sacra di Roma e tra il 1953 e il 1956 partecipa alle quattro edizioni della Rassegna Regionale d’Arte Figurativa promosse dal Centro Didattico Provinciale di Nuoro. Sempre nel 1956 gli Amici del Libro di Cagliari gli dedicano una mostra per festeggiare l’imminente completamento della decorazione della cattedrale. Dopo le vetrate per il duomo (1951) e per la chiesa di Santa Caterina (1954) a Sassari, tra il 1955 e il 1957 completa i lavori nella cattedrale di Cagliari, dipingendo nella navata la grande tela con la storia della fede sarda. Lascia la direzione dell’Istituto d’Arte nel 1958 e si trasferisce stabilmente a Roma. La carica di presidente dell’Istituto d’Arte, ricoperta fino al 1969, gli permette di mantenere comunque rapporti con l’ambiente isolano e di ricevere ancora commissioni di una certa importanza. Nel 1959 progetta il ciclo musivo e le vetrate per la chiesa del Santissimo Sacramento di Sassari, e nel 1965 il mosaico per la chiesa di Santa Maria Goretti di Sant’Antioco.
Muore a Roma il 30 ottobre 1973.

DOVE VEDERE FIGARI

Sassari:
1. Soprintendenza ai BAAAS (figg. 66, 86, 94, 123)
2. Università, Sala Eleonora d’Arborea
3. Camera di Commercio (fig. 89)
4. Cattedrale di San Nicola (fig. 131)
5. Chiesa del Santissimo Sacramento

Nuoro:
6. MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro

Oliena:
7. Hotel Ristorante Su Gologone (fig. 52)

Cagliari:
8. Palazzo Civico, Sala dei Matrimoni e Salone del Consiglio (figg. 12-17, 20, 23-24, 30-33, 72)
9. TAR (figg. 53-61)
10. Duomo di Santa Maria di Castello (figg. 96-99, 111)
11. Fondazione “Siotto”
12. Galleria Comunale d’Arte, Pinacoteca (figg. 79, 120)
13. Università, Aula Magna (figg. 45-46, 73)
14. Fiera Campionaria (fig. 51)
15. Camera di Commercio (figg. 49-50)
16. Cimitero di Bonaria, cappelle Faggioli e Larco

Arborea:
17. Parrocchiale del Redentore (figg. 62, 64-65, 74)

Atzara:
Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
“Antonio Ortiz Echagüe” (disegno a sanguigna)

Sant’Antioco:
Chiesa di Santa Maria Goretti (mosaico)

Roma:
Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari

Treviso:
Museo Civico (figg. 6-7)

MARINA DI CASTELSARDO, 1951, opera di Filippo Figari.
MARINA DI CASTELSARDO, 1951, opera di Filippo Figari.
Giuseppe Biasi e Filippo Figari

In una Sardegna che, all'indomani del primo conflitto mondiale, vedrà drammaticamente riesplodere il problema dell'autonomia regionale nell'ambito della situazione di conflittualità non più di popoli ma di classi, destinata a condurre l'Italia al regime fascista, i pittori Giuseppe Biasi e Filippo Figari risponderanno alle esigenze di costruzione dell'identità con opzioni figurativamente diverse, ma accomunate dalla sostanziale adesione a un atteggiamento teso a trasfigurare la complessa realtà dell'isola in chiave di sublimazione nel mito.

Giuseppe Biasi legherà il suo nome alle illustrazioni per la narrativa di Grazia Deledda, avviandosi negli anni venti verso la produzione di opere di cavalletto, sempre più caratterizzate dalla traslitterazione fiabesca del "popolare" sardo, con ogni evidenza rassicuranti rispetto alle modeste esigenze di una committenza privata, di raggio non soltanto locale, sino a coronare la personale scelta di evasione con il soggiorno in Africa (1924-27), in seguito al quale si dedicherà alla pittura di opere senz'altro affascinanti ma irrimediabilmente confinate a un gusto esotico non politicamente corretto, nel momento in cui la scena artistica nazionale sarà dominata dalle tendenze plastiche del classicismo di regime.
Filippo Figari riuscirà invece a monopolizzare la committenza pubblica, realizzando uno dopo l'altro i grandi cicli per il Palazzo civico e altri edifici pubblici di Cagliari, fino alla soglia degli anni Trenta, e vincolando anch'egli le sue scelte e la sua produzione alle icone celebrative di una visione figurativa e di un sentimento antistorico, che già si configura nei termini di vagheggiamento di un ambiente "primitivo" - quello della Sardegna rurale contrapposta alla moderna - qualificato come arcaico nel momento in cui attinge alla dimensione sospesa dell'evento senza tempo, ingannevolmente immobile in un quadro socio-culturale isolano e nazionale nel quale, in realtà, molte cose andavano rapidamente mutando.

 

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