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Carnevale in Sardegna :: Il Carnevale Sardo Tradizioni e Cultura, Manifestazioni ed Eventi, scoprili sul Portale Le Vie della Sardegna.

Cultura Sarda > Sagre, Manifestazioni Sacre e Popolari
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Il Carnevale in Sardegna
Cultura e Tradizioni
Il Carnevale in Sardegna ha mille volti affascinanti. Quello antico dei suggestivi carnevali barbaricini che con le loro ancestrali maschere antropomorfe e zoomorfe, le vesti di pelli di capra, orbace e campanacci, rievocano riti misteriosi, danze propiziatorie e un rapporto stretto tra uomo e animale. Quello vibrante dei carnevali a cavallo, come quello di Oristano ("Sa Sartiglia"), durante il quale i cavalieri devono infilare in corsa una stella di metallo, auspicio di buon raccolto, e quello di Santulussurgiu ("Sa Carrela 'e nanti") nei quali i cavalieri mostrano il loro valore, coraggio e abilità, sfidandosi in corse temerarie per il centro cittadino. Oppure quello irriverente di Tempio con il fantoccio di Re Giorgio processato e bruciato in piazza, senza dimenticare la simbologia dei travestimenti di Bosa.






Carnevale a:
 
Bosa
  Fonni
  Gavoi
   Lode'
   Lodine
   Lula
   Mamoiada
   Nuoro
   Ollolai
   Olzai
 
Carnevale a:

Oniferi
  Orani
  Oristano
   Orotelli
   Ottana
   Ovodda
   Samugheo
   Santu Lussurgiu
   Sarule
   Tempio Pausania

Tempio Pausania Carnevale foto storica 1950, storia del Carnevale in Sardegna
Il Carnevale (Carrasegare) si festeggia nei diversi centri della Sardegna tra il Natale e la Pasqua. Prevalentemente ha inizio o con la festa di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) o con quella di San Sebastiano o della Candelora (2 febbraio) e si conclude nella notte del Martedì grasso per riprendere, per un solo giorno, nella prima domenica di Quaresima (la cosiddetta ‘‘Pentolaccia’’). In tutto il periodo compreso entro queste date, negli ultimi giorni di ciascuna settimana, nelle domeniche, il Giovedì grasso e negli altri giornidi festa si svolgono le manifestazioni tipiche del Carnevale. Esse consistono tradizionalmente in balli, mascherate e questua, banchetti e bevute. In passato l’attività prevalente era il ballo, che finiva per coinvolgere tutti senza distinzione di età o di condizione sociale e che si svolgeva nelle strade e nella piazza principale di ciascun centro. Aprendere l’iniziativa dell’organizzazione erano particolari categorie, talvolta gli scapoli, talvolta gli sposati, altre volte i signori o i servi: ma poi le feste finivano per attirare l’intera comunità in un crescendo sfrenato nel quale emergevano gioia, desiderio di lasciarsi indietro l’inverno e speranza diuna buona annata. Oltre a questi balli pubblici, nello stesso periodo si svolgevano balli in locali chiusi, organizzati da comitati che entravano in concorrenza tra loro e facevano a gara per assoldare i migliori suonatori capaci di assicurare il successo alla serata. La moralià dei balli era garantita da regole ferree cui tutti sottostavano: le ragazze erano invitate dai cavalieri ed erano tenute ad accettare l’invito regolarmente richiesto all’accompagnatore; in qualche occasione invece era consentito alla dama di scegliere il cavaliere (come era lunga tradizione, per esempio, a Osilo). Altro importante aspetto del Carnevale tradizionale erano le maschere. Quelle femminili generalmente si basavano sul contrasto ricco-povero, uomo-donna, mentre quelle maschili erano di genere più vario, perchè riproponevano le macchiette paesane e i mestieri; vi erano poi le maschere zoomorfe (merdu`les, boes, porcos) e quelle relative a personaggi fantastici (mamuthones, issokatores, thurpos). In passato, il tempo della comunità era scandito da balli, sfilate di maschere e banchetti: era una vera e propria drammatizzazione che, oltre a coinvolgere la comunità nei ritmi della festa, la impegnava organizzativamente nella ricerca delle risorse necessarie per dar vita alle varie manifestazioni. E in particolare ai grandi banchetti e alle distribuzioni pubbliche delle tradizionali frittelle (zìppulas nel Campidano, cattas in Logudoro e Barbagia, frisgioli in sassarese e gallurese). Il momento culminante della festa era il giorno di chiusura, che nei diversi centri assumeva forme diverse, ma il cui significato prevalente era identico nelle varie comunità. Purtroppo in buona parte di esse il significato profondo del Carnevale si è perduto e le manifestazioni hanno assunto il carattere di un’attività frammentaria, preoccupata di promuovere turisticamente il paese piuttosto che di salvaguardarne e trasmetterne la memoria. D’altra parte lo spopolamento, la mobilità e le profonde modificazioni nel tessuto sociale provocate da industrializzazione, emigrazione e globalizzazione rendono quasi impossibile la conservazione dei legami dellemanifestazioni con un passato che per molti non ha più significato. Attualmente le manifestazioni carnevalesche si svolgono in quasi tutti i centri, circoscritte soprattutto al Giovedì e al Martedì grasso. Sebbene difficilmente riescano a coinvolgere la comunità nello spirito di un tempo, il risveglio identitario degli ultimi decenni e l’accento che le organizzazioni locali (dai gremi alle confraternite alle stesse Pro Loco) hanno nuovamente messo anche su queste manifestazioni, ha prodotto una rinnovata attenzione alla specificità del Carnevale sardo che va al di là del rilancio turistico di cui hanno goduto molte manifestazioni. Le più note sono oggi: Oristano, giostra equestre della Sartiglia. Cagliari, mascheratae rogo di Cancioffali. Santu Lussurgiu, corsa a cavallo conosciuta come Carrela ’e nanti. Mamoiada, lotta tra mamuthones e issokatores. Ottana, sfilata dei merdùles elotta con i boes. Orotelli, sfilata e lotta dei thurpos. Tempio Pausania, sfilata dei carri,mascherata e rogo di Re Giorgio (Ghjogliu) e della moglie Mannena. Ghilarza, Giostra de Su carruzu ’e s’antiga. Nuoro, sfilata dei Boes. Fonni, sfilata degli Hurtos. Samugheo, sfilata dei maimones. Tonara, rogo di Coli Coli. Ovodda, mascherata e rogo di Don Conte (il Mercoledì delle Ceneri). Barumini, mascherata e rogo di Pepi Patta. Bosa, mascherata del Laldaggiolu, ricerca di Giolzi e rogo finale. Calangianus, Carrasciali caragnanesu, con sfilate e offerte di vino e frittelle. San Gavino, sfilata di carri e maschere. Teti, Sa cursa de sa pudda. Abbasanta, giostra equestre. Paulilatino, giostra e sfilata delle maschere.


Fonni maschere di s'Urthu e sos Buttudos primo piano.
Oristano cavaliere della Sartiglia
Bosa: "Il Carrasegare Osincu"

A Bosa il Carnevale viene denominato Carrasegare, termine utilizzato anche per indicare i tre giorni finali e i più importanti della festa: domenica, lunedì e martedì. Il Carnevale è la festa della comunità in cui anche i ruoli sociali sono meno rigidi, è quindi caratterizzato da aspetti parodistico - satirici, con la messa in scena di eventi che coinvolgono gli abitanti del paese attraverso l'esecuzione di canti satirici.
A Bosa il Carnevale mantiene tuttora la caratteristica del festeggiamento spontaneo e non organizzato, infatti, anche se esistono gruppi che gestiscono alcuni momenti della festa (come i balli), il resto è affidato all'improvvisazione della comunità.

Il Carnevale di Bosa inizia una settimana prima del giovedì grasso (lardazholu o laldaggiolu) quando alcuni gruppi in maschera vanno di casa in casa chiedendo "sa palte 'e cantare?"; durante queste visite si improvvisano canzoni satiriche basate sulla struttura dei canti tradizionali come i "gosos" e i "trallallera", avendo in cambio carne, salsiccia, formaggio, frutta e dolci utili per imbandire il cenone. Il martedì grasso è dedicato alla sfilata i cui personaggi principali sono Giolzi (il Re Giorgio, simbolo del Carnevale rappresentato da un fantoccio di stracci con una botte per pancia) e le maschere di "s'attittidu" (lamento funebre).
Sin dalle prime ore del mattino, i partecipanti invadono le strade e le Attittadoras, vestite completamente di nero, piangono la morte di Giolzi creando un particolare effetto sonoro e facendo riecheggiare i loro lamenti per tutto il paese. Giolzi è raffigurato da un bambolotto, spesso smembrato, portato in braccio o su una carriola.

Anche gli spettatori sono coinvolti nella sfilata, infatti, le Attittadoras chiedono al pubblico "unu tikkirigheddu de latte" (un goccio di latte) per il neonato Giolzi, abbandonato dalla madre distratta dalla festa. Le Attittadoras importunano le donne del pubblico, cercando di palparne il seno per il latte da dare al neonato. Al tramonto del sole si assiste ad un cambio di scena: le maschere delle Attittadoras scompaiono per lasciare il posto alle maschere in bianco ovvero le anime del Carnevale che sta finendo.
Le maschere che sfilano nella notte sono caratterizzate da un lenzuolo bianco e da una federa bianca che funge da cappuccio.
I partecipanti hanno il viso annerito dalla cenere del sughero bruciato e tengono in mano un cestino di vimini contenente una candela o una lanterna. Corrono per le strade del centro alla ricerca di Giolzi e, quando lo trovano, bruciano il fantoccio che lo raffigura su un rogo.

Storia dell'evento In passato il Carnevale di Bosa iniziava la notte di Capodanno con l'apertura delle sale da ballo che continuavano la loro attività fino alla notte del martedì grasso, con un piccola ripresa in occasione della festa della Pentolaccia durante la prima domenica di Quaresima. Dal giorno di Capodanno fino a Pasqua si consideravano festivi tutte le domeniche, gli ultimi due giorni del Carnevale (lunedì e martedì grasso), giovedì grasso, il giovedì che precedeva il giovedì grasso e, infine, il sabato e la prima domenica della Quaresima.

 

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