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E in particolare ai grandi banchetti e alle distribuzioni pubbliche delle tradizionali frittelle (zìppulas nel Campidano, cattas in Logudoro e Barbagia, frisgioli in sassarese e gallurese). Il momento culminante della festa era il giorno di chiusura, che nei diversi centri assumeva forme diverse, ma il cui significato prevalente era identico nelle varie comunità. Purtroppo in buona parte di esse il significato profondo del Carnevale si è perduto e le manifestazioni hanno assunto il carattere di un’attività frammentaria, preoccupata di promuovere turisticamente il paese piuttosto che di salvaguardarne e trasmetterne la memoria. D’altra parte lo spopolamento, la mobilità e le profonde modificazioni nel tessuto sociale provocate da industrializzazione, emigrazione e globalizzazione rendono quasi impossibile la conservazione dei legami dellemanifestazioni con un passato che per molti non ha più significato. Attualmente le manifestazioni carnevalesche si svolgono in quasi tutti i centri, circoscritte soprattutto al Giovedì e al Martedì grasso. Sebbene difficilmente riescano a coinvolgere la comunità nello spirito di un tempo, il risveglio identitario degli ultimi decenni e l’accento che le organizzazioni locali (dai gremi alle confraternite alle stesse Pro Loco) hanno nuovamente messo anche su queste manifestazioni, ha prodotto una rinnovata attenzione alla specificità del Carnevale sardo che va al di là del rilancio turistico di cui hanno goduto molte manifestazioni. Le più note sono oggi: Oristano, giostra equestre della Sartiglia. Cagliari, mascheratae rogo di Cancioffali. Santu Lussurgiu, corsa a cavallo conosciuta come Carrela ’e nanti. Mamoiada, lotta tra mamuthones e issokatores. Ottana, sfilata dei merdùles elotta con i boes. Orotelli, sfilata e lotta dei thurpos. Tempio Pausania, sfilata dei carri,mascherata e rogo di Re Giorgio (Ghjogliu) e della moglie Mannena. Ghilarza, Giostra de Su carruzu ’e s’antiga. Nuoro, sfilata dei Boes. Fonni, sfilata degli Hurtos. Samugheo, sfilata dei maimones. Tonara, rogo di Coli Coli. Ovodda, mascherata e rogo di Don Conte (il Mercoledì delle Ceneri). Barumini, mascherata e rogo di Pepi Patta. Bosa, mascherata del Laldaggiolu, ricerca di Giolzi e rogo finale. Calangianus, Carrasciali caragnanesu, con sfilate e offerte di vino e frittelle. San Gavino, sfilata di carri e maschere. Teti, Sa cursa de sa pudda. Abbasanta, giostra equestre. Paulilatino, giostra e sfilata delle maschere.


Al tramonto del sole si assiste ad un cambio di scena: le maschere delle Attittadoras scompaiono per lasciare il posto alle maschere in bianco ovvero le anime del Carnevale che sta finendo.
Il carnevale di Fonni è caratterizzato dalle antiche maschere de s'Urthu e sos Buttudos che rappresentano la lotta quotidiana dell'uomo contro gli elementi della natura. S'Urthu è vestito di pelli di montone o di caprone di colore bianco o nero, ha un grosso campanaccio legato al collo, la faccia annerita dal sughero carbonizzato ("s'inthiveddu"), ed è tenuto al guinzaglio con una rumorosa catena di ferro. Sos Buttudos indossano un cappotto di orbace sopra abiti di velluto, scarponi e gambali di cuoio, sulle spalle i campanacci ("sonaggias").
vardellinu" (la gonna), "su brathallu" (la camicia bianca) e "su cippone" (una giacca di panno o broccato), portano in testa un cappello di paglia o di cartone coperto con tovaglie ricamate e ornate da nastri variopinti ("sos vroccos") e un velo sul viso ("sa facciola").
Il carnevale di Gavoi inizia il giovedì grasso, "jobia lardajola" (così chiamato perché in questa occasione si preparavano le fave con il lardo), con "sa sortilla 'e tumbarinos", il raduno di centinaia di tamburini. 
Grazie alle testimonianze tramandate dagli anziani, da alcuni anni il paese ha operato un recupero dell'antico Carnevale lodeino caratterizzato da sas Mascaras Nettas, tradizionalmente contrapposte a sas Mascaras Bruttas. In particolare sas Mascaras Nettas (maschere pulite) sono mute e, pur indossando indumenti sia maschili che femminili, possono essere rappresentate solo da uomini.
Il Carnevale di Lodine si svolge il Mercoledì delle Ceneri (Merhulis de Lessia) e il protagonista del Carnevale è un fantoccio con una maschera di legno, scolpita da un artista locale, avente le fattezze o di un personaggio della comunità che durante l'anno si è distinto per un comportamento non ben accetto dal paese, oppure di un personaggio nazionale o internazionale che si è messo in evidenza con connotazioni negative.
La maschera protagonista del carnevale di Lula è su Battileddu, la vittima. È vestito di pelli di pecora o montone, ha il volto sporco di fuliggine e di sangue e la testa coperta da un fazzoletto nero femminile, porta un copricapo con corna caprine, bovine o di cervo tra le quali è sistemato uno stomaco di capra ("sa 'entre ortata"). Sul petto porta i "marrazzos" (campanacci), sulla pancia seminascosto dai campanacci porta "su chentu puzone", uno stomaco di bue pieno di sangue e acqua, che ogni tanto viene bucato per bagnare la terra e fertilizzare i campi.
Il Carnevale di Mamoiada è uno degli eventi più celebri del folclore sardo. Le maschere tradizionali di questo carnevale sono i Mamuthones e gli Issohadores. I primi, vestiti di pelli ovine, indossano una maschera nera di legno d'ontano o pero selvatico, dall'espressione sofferente o impassibile; sulla schiena portano "sa carriga", campanacci dal peso di circa 30 kg, legati con cinghie di cuoio, mentre al collo portano delle campanelle più piccole. I campanacci, fino a non molti anni fa, venivano forniti in via amichevole da pastori che recuperavano i pezzi più malandati o li prendevano direttamente dal collo delle loro bestie. I "sonazzos" sono dotati di "limbatthas", batacchi costruiti utilizzando le ossa del femore di pecore, capre, asini o altri animali. I campanacci ancora oggi sono realizzati con grande maestria da artigiani di Tonara, centro del Mandrolisai. Gli Issohadores indossano una camicia di lino, una giubba rossa, calzoni bianchi, uno scialle femminile, a tracolla portano sonagli d'ottone e di bronzo; alcuni portano una maschera antropomorfa bianca. Un rito molto sentito del carnevale è la vestizione dei Mamuthones, compiuta da due persone. Dopo la vestizione i Mamuthones sfilano in gruppi di dodici, rappresentando i mesi dell'anno, guidati dagli Isshoadores che sfilano in gruppi di otto e danzano eseguendo passi di notevole difficoltà che devono essere imparati da bambini. La sfilata dei Mamuthones e degli Isshoadores è una vera e propria cerimonia solenne, ordinata come una processione. I Mamuthones, disposti in due file parallele, fiancheggiati dagli Issohadores, si muovono molto lentamente curvi sotto il peso dei campanacci e con un ritmo scandito dagli Issohadores, dando un colpo di spalla per scuotere e far suonare tutti i campanacci. Gli Issohadores si muovono con passi più agili e all'improvviso lanciano la loro fune, sa soha, per catturare qualcuno degli astanti: i prigionieri per liberarsi dovranno offrire loro da bere. Le maschere fanno la loro apparizione in occasione della festa di Sant'Antonio tra il 16 e il 17 gennaio poi la domenica di carnevale e il martedì grasso. Durante l'ultimo giorno, il martedì grasso, si può assistere alla processione della maschera di Juvanne Martis Sero trasportata su un carretto da uomini vestiti da "zios" e "zias" che ne piangono la morte cantando sconsolatamente.
Il carnevale a Nuoro prevede ogni anno una serie di eventi che si svolgono nelle vie del centro e che coinvolgono la popolazione ed i turisti.
Sagra del Carnevale. Il punto di forza delle manifestazioni carnevalesche sono due sfilate per le vie del centro.

Il carnevale di Ollolai è reso particolarmente suggestivo dalla presenza di numerose maschere tradizionali: sos Bumbones. Nello specifico sos Truccos o sos Turcos sono avvolti in un telo di pizzo bianco, "inghirialettu", in passato utilizzato per ricoprire i piedi del letto ove giaceva il defunto prima della sepoltura, e portano sulle spalle su mantella rubia, uno scialle ricamato in rosso, viola e blu che per tradizione veniva usato per avvolgere il neonato durante il battesimo. Il capo e il volto sono coperti da un pesante pizzo sul quale si fissa una cuffietta con frange detta "capiale'e fronzas"; alcuni Truccos indossano anche una maschera di porcellana bianca. Questo abbigliamento, dove predominano il rosso e il bianco, colori tipici del costume sardo, ha un carattere fortemente simbolico, rappresentando il ciclo della vita: la morte della natura in inverno e la sua rinascita in primavera. Altra maschera caratteristica del carnevale ollolaese è sa Marizzola, figura femminile vestita con una gonna di panno rosso scuro, "su bardellinu", una blusa bianca ricamata a mano e un particolare corpetto, "sas palas", lasciato in vista sopra la camicia e decorato con filo dorato ed argentato. A coprire il capo un fazzoletto ricamato con fiori in rilievo, "su muccadore froreau", mentre sul viso è posto un velo di tulle o, in alternativa, una maschera di cartapesta. Nella tradizione ollolaese poi le figure femminili di Maria Vressada, cosi chiamata in quanto avvolta in un copriletto, Maria Ishoppa e sa Mamm'e e su Sole rappresentano tre maschere spauracchio che spaventano i bambini capricciosi. Caratteristica figura maschile è invece su Caprarju vestito con casacca e pantaloni aderenti di panno o di velluto, camicia bianca alla coreana, berretto, "su bonette", sopra il quale è legato un fazzoletto che regge una maschera di legno, e scarponi in pelle di "sos cambales". Il personaggio rappresenta i ballerini più agili, tant'è che incrociato sul petto porta un insieme di piccoli campanacci lasciati suonare allegramente durante le danze organizzate oltre che nelle piazze, anche nelle sale da ballo. Recentemente la comunità di Ollolai ha attuato un vero e proprio recupero della tradizione carnevalesca concentrando lo svolgimento della festa, delle sfilate e delle rappresentazioni sceniche soprattutto nelle ore pomeridiane anziché in quelle notturne. Sempre dal passato, deriva l'usanza dei Truccos, riuniti in gruppi detti "sas troppas de harassehare", di girare di casa in casa visitando, tra le altre, anche le abitazioni degli anziani e dei malati per condividere l'allegria del carnevale. Nel loro girovagare Sos Truccos portano per le vie cittadine su Ziomu, un manichino di paglia e vecchi abiti, il cui viso è costituito da un telo su cui sono disegnati gli occhi e la bocca. Vestito con un cappotto nero d’orbace, il fantoccio nasconde al suo interno una sacca di salsicce e "sa gruppa", una botte colma di vino; vino che viene consumato durante i festeggiamenti caratterizzati da canti e balli al suono di tipici strumenti quali "su tumbarru", il tamburo grande, "su sonu", piccola fisarmonica o organetto, "sa trumbia", l’armonica a bocca, "sa trunfa", lo scacciapensieri, "su sonette", una sorta di flauto fatto di canna, e "sos hopprettos", i coperchi delle pentole. La tradizione di su Ziomu , oggi in parte recuperata, vuole che il fantoccio, a tarda sera venga portato alla periferia del paese, processato e condannato al rogo segnando così la fine del carnevale e l'inizio della Quaresima.
Le celebrazioni del Carnevale ad Oniferi, come in altri paesi della Barbagia, hanno inizio il 16 gennaio, in occasione della festa di Sant'Antonio. Nei rioni del paese vengono accesi falò in onore del Santo mentre in piazza hanno inizio i tradizionali balli. Protagonisti del carnevale oniferese sono "sos Maimones" maschere tipiche che, a differenza di altri personaggi dei carnevali barbaricini, non coprono il viso con travestimenti lignei ma lo rendono irriconoscibile annerendolo con la fuliggine ricavata dal sughero bruciato. Durante il XX secolo la maschera ha assunto un carattere goliardico, pertanto si incontrano anche Maimones con il volto solo parzialmente dipinto. Momento particolarmente suggestivo è la vestizione di "sos Maimones" che si svolge all'interno dell'antica capanna utilizzata dai pastori, detta "su pinnetu", costruita in pietra con un caratteristico tetto di frasca. La figura maschile indossa l'abito tipico del pastore sardo in velluto nero, marrone o comunque scuro con camicia bianca senza colletto, "cambales", scarponi in pelle e su bonette, ovvero un cappello in velluto, preferibilmente di piccole dimensioni, tradizionalmente portato pendente a lato della fronte. Completano l'abbigliamento altri capi, sempre tipici della cultura agro–pastorale, quali: "su saccu'e fresi" o "furesi" (mantella con cappuccio tessuta in orbace, stoffa, quest'ultima, ottenuta dalla tessitura fine della lana degli ovini), "su gabbanu" (pesante pastrano anch'esso in orbace) o, in alternativa, "sas peddas" (pelli di montone o agnello lavorate con o senza pelo). La figura femminile, necessariamente impersonata da soggetti maschili, integra l'abbigliamento con scialli o "su freseddu" (piccola mantella in orbace priva di cappuccio) ed ancora con gonne e "su muccadore nigheddu" (fazzoletto nero) che viene legato sul tipico berretto. Dopo la benedizione del fuoco e l'accensione dei falò, le maschere fanno il giro del paese portando in groppa ad un asino un fantoccio antropomorfo, a rappresentare l'uomo che fatica nei campi, il cui viso è costituito da una foglia di fico d'india fissata su una damigiana o in "sa lama'e su latte" (contenitore metallico sagomato per facilitare il trasporto del latte sulla groppa degli asini) entrambi ricoperti da un mantello d'orbace ("su saccu"). Spesso anche l'asino viene mascherato con corna di diverse dimensioni. La maschera di su Maimone gira di casa in casa accettando la genuina ospitalità sarda e caricando "sas bertulas", bisacce tessute in orbace, di ricchi dolci carnascialeschi quali: "cathas" (frittelle), "rujolos" (dolcetti a base di ricotta soffritta, simili a piccole polpette) e ogni altra leccornia che, insieme al vino versato nella damigiana raffigurante il fantoccio Maimone, possa servire a far festa. Tradizionalmente vengono visitate anche le abitazioni in cui vivono persone in difficoltà per rallegrarne l'atmosfera.
Successivamente, in piazza, tra un ballo e l'altro al suono dell'organetto a bocca o a mantice accompagnato dal canto a tenores, il cibo viene consumato da tutta la comunità. Il Carnevale oniferese è caratterizzato dalla messa in scena, per le vie del paese, di una serie di situazioni della vita reale: le difficoltà, la sofferenza e la morte sono interpretate da "sos Maimones" ridicolizzandole al fine di scongiurarle. Tra le situazioni rappresentate si ricorda "sa parthi burra" (divisione della coperta matrimoniale attraverso la rappresentazione di una sorta di separazione coniugale in cui, inscenando uno scandalo per strada, si divide, per l'appunto, il misero avere in orbace); "s'ammuttu" (tradizionale canto per il morto eseguito dalle prefiche e per l'occasione reso burlesco dalle maschere che piangono il compagno morto a causa di una forte bevuta e successivamente risorto grazie ad un ulteriore bicchiere di vino) e "sa ilonzana" (donna che fila la lana). Ancora con l'estrazione di "sos bullettes de sa fortuna" (biglietti contenuti in una giara di sughero o legno) si dà vita ad una lotteria che, con intento burlesco, a seconda della vena poetica del momento, augura ogni tipo di futuro.
Il Carnevale inizia il 16 gennaio, vigilia della festa di Sant'Antonio, con l'accensione dei fuochi nei vari rioni. Protagonista del carnevale di Orani è su Bundu (sos Bundos), maschera che indossa gli abiti tipici del contadino: un cappotto largo e lungo, la camicia, i pantaloni di velluto e i gambali di cuoio. La maschera che gli copre il volto è di sughero colorato di rosso, ha lunghe corna, un grosso naso, pizzo e baffi, raffigurando un essere metà uomo e metà animale. I Bundos, durante il corteo, mimano il rito della semina impugnando "su trivuthu", un forcone di legno, accompagnandosi con gesti rituali e un gran vocio. La festa inizia il 17 gennaio, giorno consacrato a Sant'Antonio Abate, quando i Bundos visitano i tradizionali fuochi e alle maschere viene offerto "su pistiddu", il dolce tipico di questa festività e benedetto durante la processione. Il dolce è offerto anche a tutti i presenti e portato nelle case dei malati a tredici persone di nome di Antonio.
Il Carnevale oristanese La Sartiglia è una delle manifestazioni carnevalesche sarde più spettacolari e coreografiche. Il nome deriva dal castigliano "Sortija" e dal catalano "Sortilla" entrambi aventi origine dal latino sorticola, anello, ma anche diminutivo di "sors", fortuna. Nell'etimologia del termine è racchiuso il senso della giostra come una corsa all'anello, una giostra equestre legata strettamente alla sorte, alla fortuna, ai riti pagani propiziatori di fertilità della terra. La Sartiglia della domenica di Carnevale si svolge sotto la protezione di San Giovanni Battista e le sue fasi cerimoniali sono organizzate e dirette dal Gremio (una sorta di corporazione) dei Contadini, mentre il martedì i riti sono a cura del Gremio dei Falegnami, sotto la protezione di San Giuseppe. Il protagonista è su Cumponidori, il cavaliere, il cui nome deriva da quello del maestro di campo della "sortija" spagnola, chiamato "componedor". La festa inizia con il lungo rituale della vestizione del capo-corsa il quale, seduto sopra un tavolo di legno, da quel momento non potrà più toccare terra fino alla fine della giornata. Le donne, "is Massaieddas", guidate dalla "Massaia manna", vestono il cavaliere con una camicia bianca, pantaloni e "cojettu" di pelle (sorta di gilet anticamente usato quale abito da lavoro dagli artigiani), coprono il suo viso con una maschera androgina tenuta ferma con una fasciatura, poi gli adornano il capo con un velo da sposa e un cilindro nero: uomo e donna al tempo stesso, su Componidori diventa una sorta di semidio. Il cavaliere è il signore della festa e, avendo sfilato in corteo assistito da su Segundu Componidori e su Terzu Componidori e dopo aver benedetto la folla con "sa Pippia de Maju" (un fascio di pervinche e viole, simbolo di primaverile fecondità), ha il compito di aprire la gara, infilando per primo con la spada una stella appesa ad un filo; sceglierà quindi i cavalieri che avranno l'onore di partecipare alla giostra: la tradizione vuole che dal numero di stelle infilate dipenda l'abbondanza o la penuria del raccolto. L'ultima corsa all'anello viene effettuata con "su stoccu", un'asta di legno lavorato. Prima delle corse delle pariglie che si susseguiranno fino al tramonto nella vicina via Mazzini, a chiusura della Sartiglia, su Cumponidori dovrà cimentarsi in "sa remada": disteso di schiena sul dorso del cavallo percorrerà al galoppo la pista, benedicendo la folla. Una particolarità del Carnevale di Oristano è Sa Sartigliedda del lunedì, una Sartiglia in versione ridotta riservata ai bambini, i quali montano i famosi cavallini della "Giara". Questa manifestazione viene ripetuta anche in estate, a ferragosto.
I protagonisti del Carnevale di Orotelli sono i Thurpos, che inscenano diverse situazioni legate alla tradizione contadina: Su Thurpu Voinarzu (il contadino) che deve governare i testardi Thurpos Boes (i buoi); i Thurpos seminatori che spargono crusca lungo il cammino; Su Thurpu Vrailarzu (il fabbro) che ferra Su Thurpu Boe e Su Thurpu che accende il fuoco con un acciarino, una pietra focaia e un cornetto di bue pieno di midollo di ferula secca ("corru esca"). Durante la sfilata all'improvviso Sos Thurpos si avventano sul pubblico, rendendolo così partecipe del "gioco". Mimando il comportamento dei buoi, catturano ("sa tenta") qualche conoscente privo di maschera e lo costringono ad offrire loro da bere. Il martedì di carnevale i ruoli si invertono, saranno i Thurpos ad offrire da bere agli spettatori. La rappresentazione si conclude nella piazza del paese, dove tutti prendono parte a su ballu de Sos Thurpos. Sos Thurpos (il termine vuol dire ciechi, storpi) è una delle maschere più importanti della tradizione contadina. Si presenta a viso scoperto, vestito con un abito di velluto, i gambali di cuoio ("sos cambales"), un lungo pastrano ("su gabbanu") di nero orbace, quello che un tempo veniva utilizzato dal pastore durante la stagione invernale. A tracolla porta una bandoliera di campanacci, il volto è coperto di fuliggine ed è nascosto da un grande cappuccio che scende fino al naso. Sughero e campanacci vengono utilizzati con la funzione di allontanare gli spiriti maligni.
Il carnevale di Ottana affonda le sue radici nel mondo sardo arcaico e nei suoi valori agropastorali, e perpetua una tradizione mai interrotta. È una delle ricorrenze più attese dalla popolazione che partecipa attivamente dimostrando un profondo senso di appartenenza alla propria cultura. Le maschere descrivono, attraverso spontanee interpretazioni che si sviluppano in una sorta di canovaccio, personaggi, ruoli e situazioni della vita dei campi, quali l'aratura, la semina, il raccolto; la cura, la domatura, la malattia, la morte degli animali. L'elemento caratterizzante è dato dalle maschere dei Merdùles e dei Boes, ma anche di altri animali, quali Porcos, Molentes, Crapolos.
Sos Boes "Sos Boes" indossano pelli di pecora o abiti vecchi della tradizione locale e portano in spalla, a mo' di bandoliera, una cintola, generalmente di cuoio, da dove pendono dei campanacci, "sonazas", di lamiera e di bronzo. Sono tenuti dalle redini del Merdùle, il viso coperto da "sas caratzas": maschere di legno intagliato con sembianze bovine, corna più o meno lunghe dove non è raro vedere infilate "sas gatzas" (una sorta di frittelle di semola impastata con l'acqua, fatta lievitare e fritta nell'olio bollente), due foglie che decorano gli zigomi e una stella che decora la fronte (la stella rappresenta, in realtà, il marchio distintivo di un vecchio artigiano locale ormai scomparso).
I protagonisti principali del carnevale di Samugheo sono:
Il Carnevale di Santu Lussurgiu è caratterizzato dalla corsa a pariglie detta "Sa Carrela 'e nanti" ("strada che si trova davanti": la corsa ha preso il nome della via dove tradizionalmente si svolge l'evento, un tempo strada principale, oggi via Roma). Tra le più spericolate e spettacolari dell'isola, la corsa dei cavalli di Santu Lussurgiu chiama intorno a sé l'intera comunità: non vi è solo lo spettacolo offerto dalle audaci acrobazie equestri, ma anche la partecipazione della folla che in massa si apre un attimo prima dell'arrivo dei cavalli in corsa per richiudersi subito dopo il loro passaggio. "Sa carrela 'e nanti" è una strada (resa sterrata per l'occasione) lunga circa un chilometro, caratterizzata da ripide discese e salite, da curve e strettoie che si snodano lungo le viuzze del centro storico del paese nel rione chiamato Biadorru (via del ritorno) in particolare in via Roma. I cavalieri, rigorosamente lussurgesi, devono indossare, secondo la tradizione, una maschera o avere il volto dipinto. "Sa mascherada", l'abbigliamento del cavaliere, è ricco di colori e fantasia. Può ricordare i costumi spagnoli, le casacche dei fantini, oppure richiamare l'antico costume del paese, con il "capotinu 'e fresi", giubbotto d'orbace (il tessuto di lana grezza, tipico della Sardegna, utilizzato per confezionare costumi regionali o cappotti, mantelli, coperte), o il "cossu 'e pedde 'e itellu" (il corsetto di pelle) e la "berretta longa", oppure ancora rappresentare altri personaggi più attuali. La manifestazione si svolge in tre giornate. La Domenica di Carnevale, i cavalieri si presentano a s'iscappadorzu, il punto in cui hanno inizio "sas carrelas", le corse. I cavalieri possono partecipare da soli ("a sa sola"), o correre appaiati ("a pareza"). Sa pareza può essere a due, "pareza 'e duos", o a tre, "pareza 'e tres", l'ultimo martedì di Carnevale può essere a quattro e viene chiamata "pareza ‘e bator". La corsa più comune è la pareza a coppie oppure a tre: i cavalieri partono, corrono e arrivano insieme, uniti per le braccia, volendo simboleggiare l'unità, la concordia, l'amicizia e la solidarietà. Il lunedì, chiamato "Su Lunisi de sa Pudda" (il lunedì della gallina), il cavaliere lanciato al galoppo deve buttare a terra con un bastone, chiamato "su fuste 'e ortzastru", un fantoccio che ha le sembianze di una gallina. Il martedì lo spettacolo si chiude con la premiazione dei cavalieri che hanno buttato giù più galline, e con la premiazione delle tre migliori pariglie mascherate; possono essere dati premi particolari, nonché un premio di partecipazione per tutti i cavalieri partecipanti.
Sarule: Le maschere tradizionali
Il carnevale di Tempio comincia il giovedì grasso con l'entrata trionfale in città del Re Giorgio, rappresentato da un fantoccio. La domenica si celebra il matrimonio tre Re Giorgio e la popolana Mannena, di solito abbigliata in modo audace; come vuole la tradizione, Mannena darà al re un figlio che sarà Re Giorgio per il successivo carnevale. Per sei giorni Re Giorgio è osannato, onorato e adulato, ma il martedì grasso, colpevole di rappresentare tutti i mali della città, viene processato e bruciato sulla pubblica piazza. Si ripete così l'antico rito del fuoco che preannuncia la fine dell'inverno e l'arrivo della primavera. Col tradizionale rogo di Re Giorgio si chiude il carnevale; la folla attende il verdetto per poi lanciarsi in applausi liberatori: ardendo sul rogo, il fantoccio porterà con sé tutti i guai che nel corso dell'anno si sono abbattuti sulla città.Web Master: Adriano Agri - Sassari Servizi Internet
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