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Piccolo centro agro-pastorale nella valle del Rio S'Iscara, a 660 metri sul livello del mare. Circondato da boschi, noccioli e ciliegi, è uno dei centri montani più interessanti della Barbagia. L'abitato conserva ancora numerosi esempi di architettura rurale tradizionale. Alle ciliege, all'inizio dell'estate, il paese dedica un'importante sagra. Da visitare le Domus de Janas, interessanti testimonianze del passato presenti nel territorio, ed il Museo di Scienze Naturali, che custodisce importanti collezioni minerali e faunistiche, tra le quali spicca per unicità e bellezza la collezione di farfalle.
GASTRONOMIA Il dolce tipico di Belvì è il “caschettes” che si distingue per la sua originalità e particolarità. Questo dolce ha origini remote che risalgono al 1600, veniva presentato nelle occasioni più importanti della vita sociale della comunità, in particolare durante i matrimoni, quando veniva offerto dallo sposo alla sposa per omaggiarla, e durante le feste religiose più sentite dalla comunità. Uno degli aspetti più importanti è la lavorazione, in particolare la sfoglia finissima che lo contiene e che dà al dolce quell’aspetto così unico e particolare. Tale sfoglia era fino a qualche decennio fa lavorata e stirata interamente a mano o con l’ausilio di un semplice mattarello, ottenuta così sottile e trasparente quasi per magia. Ancora oggi gran parte della lavorazione si effettua a mano, quindi artigianalmente sebbene vi sia l’aiuto di macchine per la stiratura della sfoglia finissima. Vi sono diverse tesi circa la forma tipica del dolce alcuni la interpretano come il velo della sposa altri come una rosa e altri ancora come un semplice frutto della fantasia.



Belvì si trova nella costa del monte "Genna de Crobu". Il territorio è ricco di boschi di ciliegi, noccioli, noci, castagni, roveri, lecci e agrifogli. Nelle aree rocciose troviamo il ginepro, l'ulivo e il pero selvatico. A oggi l'origine del nome è ancora incerta. In passato il paese era considerato uno dei più importanti sia dal punto di vista economico sia come luogo di scambio commerciale, tanto che un'intera zona delle montagne barbaricine ha tuttora il nome di Barbagia di Belvì. È uno dei paesi della Barbagia che è stato meno sottoposto all'egemonia dei feudatari. Fino alla metà del 1700 il paese era governato da un rappresentante scelto tra i capifamiglia. Non lontano dalle case del paese scorrono i binari a scartamento ridotto della linea ferroviaria che collega - con mille curve e viadotti - Cagliari con Sòrgono. In paese si può visitare un piccolo Museo di Scienze Naturali e Archeologia, sorto una quindicina d'anni fa per iniziativa di un gruppo di appassionati (tra cui un naturalista tedesco, vissuto per quasi dieci anni in paese) che ospita una sezione di paleontologia, una di mineralogia ed espone collezioni di insetti e animali tipici della fauna sarda. Ad agosto si può partecipare alla suggestiva festa di Sant'Agostino. I festeggiamenti dedicati al Santo patrono durano tre giorni. Alla manifestazione religiosa si affianca quella civile che si svolge con intrattenimenti folkloristici e musicali e spettacoli pirotecnici.
Il paese La zona era abitata fin da epoca remotissima, come testimoniano numerosissime domus de janas disseminate in diverse località del territorio comunale: Antonitzò, Nadalia, Perda Lione, Perda Nerea, Lagasu, Gesarù e Occile. Bellissime grotte (sempre a Occile) vennero, probabilmente, abitate in epoca preistorica. Il paese, benché piccolo, è dotato di numerose strutture pubbliche: possiede, per esempio, uno dei più bei campi di calcio della zona mentre un altro campo sportivo polivante zonale è da anni in progetto. È in funzione una Biblioteca comunale ed esiste una Biblioteca parrocchiale, ricca di oltre duemila volumi. Fiore all’occhiello del paese è, sicuramente, il Museo di scienze naturali: uno dei più interessanti musei entomologici di tutta la Sardegna (e non solo della Sardegna), in cui sono raccolti oltre mille esemplari. Ha avuto in passato sede all’interno d’una antica “corte” che è stata poi demolita: una costruzione antichissima, di classico stile barbaricino, al posto della quale è sorta la nuova Casa comunale in stile tradizionale. Essa apparteneva al “rettore” Arangino (1700) e sorgeva vicino alla casa attribuita al bandito “Saltaro”, mitico brigante belviese che sarebbe vissuto nel XII secolo. La casa di costui è ancora “polifemica”, con mura ciclopiche e una pianta singolare che denota un’antichità che va indietro nel tempo di molti secoli. Oggi il Museo ha trovato sede provvisoria in un edificio della periferia, in attesa di essere trasferito nei locali della Scuola media, inutilizzati da quando gli alunni frequentano ad Aritzo.

Il museo, dotato di un laboratorio di tassidermia e di classificazione, è articolato in sezioni nelle quali è possibile osservare la fauna e i minerali fossili provenienti da tutta la Sardegna. La sezione mineralogica conserva 530 minerali provenienti quasi esclusivamente dalle miniere sarde; quella paleontologica 160 fossili sardi, dal paleozoico al quaternario. Notevoli anche i graptoliti, le rudiste ed i resti del Prolagus sardus. Nella sezione entomologica sono esposti lepidotteri, coleotteri, ortotteri, imenotteri, odonati, ditteri, aracnidi, miriapodi sardi, nonchè splendidi esemplari di farfalle esotiche. La sezione ornitologica vanta 383 esemplari di uccelli sardi, notevoli i rapaci, con specie divenute ormai rarissime. Sono infine presenti una sezione mammologica, con 38 esemplari di mammiferi, una erpetologica con tutte le specie degli anfibi sardi e la sezione malacologica con 200 esemplari di conchiglie marine sarde, madrepore esotiche, echinodermi, crostacei. Alla parete è appesa una testuggine marina gigante "Caretta caretta" catturata nei mari sardi. Il Museo nasce inizialmente come risultato dei lavori d'investigazione realizzati per il professor Friedrich Reichsgraf Von Hartig, studioso di fama internazionale di entomologia ed ecologia. Capitato per caso nel paese agli inizi degli anni Settanta e avendo trovato la zona di estremo interesse per le sue ricerche, il professore Hartig vi si trattenne per diversi anni e diede l'avvio alla raccolta di reperti che, anche grazie a donazioni di privati, continua ancora oggi. Il museo è visitabile per 365 giorni l'anno grazie alla disponibilità di alcuni soci che gratuitamente ne garantiscono l'apertura su prenotazione. Per arricchire la conoscenza sulla natura dell'isola e sulle possibili azioni di tutela, conservazione e valorizzazione delle risorse nel territorio. Pezzo forte del museo è la collezione di uccelli rapaci diurni e notturni, con specie ormai rarissime. Di particolare interesse i graptoliti, le rudiste e i resti del prolagus sardus. Il museo dispone di una biblioteca scientifica.



Tra le leggende che avvolgono la storia di Belvì si narra di una bella fanciulla che creava tessuti d’oro nella caverna ai piedi del tacco calcareo di Pitzu de Pranu, dove sono stati scoperti i primi insediamenti preistorici della zona. Il paese è circondato da stupendi boschi di noccioli, castagni e noci tra cui si incontrano alcuni splendidi esemplari secolari come il noce chiamato Sa nuje de tziu Pili e gli enormi alberi di castagno in località Nerca. Secondo le leggende popolari qui abitano esseri fantastici come il Maschinganna, che si diverte a spaventare con voci o suoni chi si avventura nelle foreste, e le Janas (fate) che di giorno tessono con fili d’oro, rinchiuse nelle loro case scavate nella roccia, e di notte vagano per le selve dove ballano e compiono i loro rituali. Divenuti simbolo della produzione artigianale di Belvì, i caschettes sono deliziosi dolci della tradizione un tempo riservati alle grandi occasioni come feste religiose e matrimoni da cui derivano l’appellativo di dolci della sposa. Queste delicatissime creazioni sono un’esclusiva del paese che ha saputo tramandare nei secoli i metodi di preparazione e l’uso delle materie prime locali, pasta di nocciole e miele aromatizzata con scorza d’arancio, che le rendono un vero e proprio gioiello gastronomico. Le diverse forme di artigianato, come l’intaglio del legno e la lavorazione del ferro, sono il fiore all’occhiello di questa laboriosa comunità che ha saputo conservare e valorizzare le sue antiche tradizioni. 


