L’economia e la società L’attuale patrimonio zootecnico conta 3500 ovini, 4331 caprini, 622 bovini e 19 equini. Nettissimo il calo: per averne un’idea basta riferirsi alla consistenza del bestiame ai tempi di Vittorio Angius quando, fra il 1832 e il 1846, l’abate registrò a Seui 1000 bovini, 7000 capre, 10.000 pecore, 1200 maiali e 500 cavalli, 340 buoi e 220 asini domati. Non censiti i suini, a causa della reiterazione di focolai di peste classica e africana. Nel complesso, comunque, l’allevamento del bestiame resta il fondamento dell’economia paesana e coinvolge una cinquantina di addetti, oltre a nuclei minori di allevatori a tempo definito. La seconda fonte di reddito viene dai salari degli operai di Montarbu e Scirinùlu, i due nuclei di foresta demaniale: 36 nel primo, 12 fissi e 58 stagionali nel secondo. Di notevolissimo rilievo la consistenza della selvaggina, grazie soprattutto alla presenza di alcune aree protette estese per diverse migliaia di ettari affidati all’Ente Foreste: mufloni, cinghiali, cervi, dàini, aquile, falchi, pernici, lepri, conigli, volpi, donnole, martore. Questo patrimonio incalcolabile costituisce una potente attrattiva turistica anche fuori stagione, quando le scolaresche, sarde e non, fanno tappa a Montarbu insieme con gruppi di turisti anziani provenienti da tutta Italia e sempre più spesso anche dall’estero. Seui conserva le usanze tipiche del pastoralismo, prima fra tutte la solidarietà umana alle persone bisognose di aiuto, in occasione di malattie gravi, lutti e altre evenienze negative. Le feste, poi, sono ancora occasioni intensamente sentite di ritrovi comunitari nel senso più pregnante del termine, oltre che di ospitalità ai forestieri. Le relazioni esterne più consolidate riguardano Cagliari, meta preferenziale di emigrazione per chi si dedica alle attività commerciali (bar e ristoranti soprattutto). Esiste ancora nel capoluogo una copiosa colonia di seuesi immigrati di prima, seconda e terza generazione valutabile nell’ordine di diverse migliaia.
Le tradizioni A Seui si parla una varietà di sardo campidanese che si potrebbe definire di montagna. La parlata seuese non registra le particolarità fonetiche più tipiche del campidanese di pianura (assimilazioni fra consonanti, caduta di intervocaliche e metatesi). Al contrario, rispetta la radice dei lemmi e fra i relitti lessicali conserva termini gergali dell’ovile di chiara genesi logudorese, analizzati negli anni Sessanta del Novecento dal linguista Michele Contini. Il costume tradizionale è semplice. Quello maschile non ha peculiarità di rilievo. L’abbigliamento femminile è più ricco e utilizza la seta nel fazzoletto (su mucadori), nel giacchino (su giponi) e nel grembiule (su deventali), la lana nella gonna (sa ’unnedda), il cotone ricamato a filet nella camicia (sa camisa) e il tibet nello scialle (su sciallu). Di particolare interesse l’abito da sposa (bestiri de còia) con il manto rosso in panno (su mantu) provvisto di una catena in argento (su giunchigliu) e il corpetto in broccato policromo. Il costume paesano è di nuovo orgogliosamente esibito nelle feste dal gruppo folk ‘Santa Lucia’, nato trent’anni fa e presente, oltre che nelle sagre locali, nei maggiori raduni della Sardegna come il Redentore e Sant’Efisio. Le feste principali, tutte campestri tranne San Giovanni (24 giugno), nella chiesetta a lui dedicata nel rione omonimo della parte alta del paese, e l’Assunta (15 agosto), nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena, sono: San Cristoforo (prima domenica di giugno) nel santuario montano poco distante dal nuraghe di Ardasai, Santa Lucia (prima domenica di luglio) nella chiesa della zona omonima a valle del centro abitato, La Madonna del Carmelo (terzo fine-settimana di luglio) sul monte Arcuerì, San Sebastiano (ultima domenica di agosto) nel santuario a poca distanza dalla vecchia miniera di antracite, ricostruito grazie ai volontari una quindicina di anni fa. L’unica festa invernale all’aperto è quella in onore di Sant’Antonio Abate, ricordato a metà gennaio con i falò di piazza che coinvolgono l’intera popolazione.
Personaggi illustri Tra i seuesi illustri vanno ricordati lo scrittore Filiberto Farci (1882-1965: la scuola media porta il suo nome); i fratelli Augusto (1879-1968) e Attilio Bìssiri (1891-1978), successivamente emigrati negli Usa dove il primo si distinse nella progettazione di impianti d’avanguardia per la sicurezza ferroviaria, il secondo in ricerche chimiche sperimentali (il liceo scientifico è dedicato a entrambi); Demetrio Ballicu (1892-1985), medico storico del paese che resse la condotta per quattro decenni, dal 1922 al 1962 (a lui è stata dedicata di recente la Biblioteca comunale); il colonnello Rinaldo Loi (1894), caduto sul fronte africano di Amba Ghiorghis nel 1940 (da mezzo secolo la piazza centrale del paese ha il suo nome) e Benigno Deplano (1922- 1991), intellettuale brillante e polemista acuto, poeta, saggista, dirigente politico e primo sindaco comunista di Seui nel 1957, che il Comune si prepara a ricordare nel 2011, a vent’anni dalla morte.
Come arrivare
Il trenino arriva direttamente a Seui.
In auto:
- da Cagliari si percorre la SS 131 sino allo svincolo sulla SS 128 per Senorbì. Si prosegue per il bivio di Isili immettendosi poi sulla SS 198 per Seui.
- da Sassari si percorre la SS 131 arrivando allo svincolo della SS 537 per Nuoro, proseguendo lungo la SS 389 direzione Villagrande Strisaili, continuando verso Gairo, Ussassai per poi arrivare a Seui.
- da Oristano si percorre la SS 131 arrivando allo svincolo della SS 537 per Nuoro, proseguendo lungo la SS 389 direzione Villagrande Strisaili, continuando verso Gairo, Ussassai per poi arrivare a Seui.
- da Nuoro si percorre la SS 389 direzione Villagrande Strisaili, continuando verso Gairo, Ussassai per poi arrivare a Seui.